I Cure e la dark wave. Pornography e Disintegration

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La dark wave, la variante cupa ed esistenzialista del post punk e della new wave, non ebbe vita facile nell’affermarsi. Così quando Pornography dei Cure uscì, in quel 1982, il gruppo non ebbe i favori della critica. Tranne poche eccezioni, i recensori furono duri, mostrando un’ottusità che sarebbe stata corretta dal plauso ampissimo riservato all’album negli anni.

I motivi che stavano alla base di quelle stroncature e derisioni erano gli stessi che poi avrebbero portato a considerare Pornography un vertice dei Cure e uno degli album più iconici di quella stagione dark. I critici che si affrettarono a bollare quest’opera come triste, priva di speranze, gelida come un marmo stavano in realtà elencando i suoi pregi, le ragioni di un fascino che non avrebbe temuto il passare del tempo. Certo non potevano essere la quintessenza della dark wave canzoni solari e vacanziere.

La dark wave: la voce delle inquietudini giovanili

La dark wave fu una delle manifestazioni più intense e originali di quei primi anni Ottanta. Quel decennio fatto di ottimismo e di estati interminabili nascondeva nelle sue sacche giovani introversi e solitari. E il dark, con le sue atmosfere cupe, con i suoi testi carichi di spleen, con le sue immagini simili a cimiteri invernali, dava voce a quelle élite.

Siouxsie Sioux era la voce più sacerdotale, e a tratti sembrava presiedere cerimonie catacombali. I Joy Division di Ian Curtis mettevano su disco la presa d’atto definitiva di una condizione tragica, suggellata dal suicidio di Ian, che non lasciava dubbi sulla sincerità e sull’urgenza di quei funerali cantati. Una voce, quella di Curtis, che sembrava arrivare dall’oltretomba.

Con Pornography i Cure mettevano in scena una cupezza più rabbiosa. Robert Smith, a differenza di Ian Curtis, combatteva il suo destino tragico. Dava segni di vitalità e di ribellione. La sua voce sapeva essere anche arrabbiata.

Robert Smith dei Cure negli anni tra Pornography e Disintegration
Robert Smith dei Cure con una conduttrice, negli anni tra gli album Pornography e Disintegration.
Foto di KarlaMCejaMorales, CC BY-SA 4.0.

I Cure e la poesia di Pornography

Smith, oltre a essere il cantante e il chitarrista dei Cure, ne era anche il poeta. Gli altri due membri erano Simon Gallup, basso e tastiere, e Laurence Tolhurst, batteria.

Se la musica di Pornography era un’affascinante atmosfera che sosteneva la poesia esistenzialista e depressa di Robert Smith, erano perlopiù i versi a dipingere quel mondo senza sorriso. La poesia visionaria di questo disco era sospesa tra l’incapacità di adattarsi a una società arrivista, che relegava ai margini la sensibilità, e il rimpianto di un’età persa per sempre.

I Cure, con Pornography, furono decisivi per l’affermazione della dark wave. Un genere che guardava al gotico, al romanticismo, ai Fiori del male di Baudelaire. Atmosfere pregne di cupezza, di nebbie invernali, di morte, di paesaggi solitari, di amori senza futuro, di destini segnati, di odori cadaverici.

La dark wave ante litteram

Certo il dark non nasceva dal nulla. Già Jim Morrison, nel pieno della stagione hippie, si era opposto alla controcultura ottimista degli hippie con la sua voce cupa. Così come era stato tenebroso il David Bowie berlinese. Poi i Black Sabbath di Paranoid, nel ’70, avevano portato nel rock un clima di morte. Ma quel clima aveva radici verificabili, per esempio le guerre e le droghe. E poi nasceva anche dal desiderio di spettacolarità. Le atmosfere lugubri dei primi Cure, che culminavano con Pornography, non avevano alla base i mali concreti del mondo, ma qualcosa d’incorporeo, un disagio esistenziale e immobilizzante, una malattia dello spirito, la paura di vivere.

Un modello vero di dark wave ante litteram è la grandiosa Nico di Desertshore, album uscito nel ’70. In Desertshore Nico canta, se canto possiamo chiamare quei lamenti e quelle litanie, il gelo dell’anima, il disagio di vivere, con una solennità lugubre e malata che ha fatto le fortune del rock elitario e decadente. Ma un accenno del suo spirito dark lo ritroviamo anche nelle tracce da lei interpretate in The Velvet Underground & Nico, l’album d’esordio del ’67 dei Velvet Underground, specie nell’eccezionale All Tomorrow’s Parties. E certamente Nico era un modello per i Cure, per Siouxsie Sioux, per i Depeche Mode e per tutto il drappello di antieroi di quella bellissima stagione dark.

Nico, progenitrice della dark wave
La splendida Christa Päffgen, in arte Nico, progenitrice della dark wave.
Foto di Ky da Flickr, CC BY 2.0.

I Cure del dopo Pornography e la diffusione della dark wave

Ma se la dark wave, all’inizio degli anni Ottanta, era ancora un genere da sottoscala, lungo il decennio diventò quasi di moda. Perché, tra le luci e i colori di quell’epoca, c’erano anche tanti ragazzi inquieti, a disagio in un mondo dove a contare erano solo l’arrivismo e la capacità di divertirsi. Così il dark uscì dalle cantine. Investì il linguaggio e il modo di vestire di una fetta non piccola di gioventù. Il nero diventò di moda, anche grazie al look di Siouxsie Sioux e degli stessi Cure.

Quella musica desolata travalicò i confini del Regno Unito. Si propagò in tutta Europa. In Italia il centro di quell’ondata di esistenzialismo fu Firenze, e il vertice fu Siberia dei Diaframma.

Alla diffusione della dark wave contribuirono in modo decisivo, oltre al talento melodico di Siouxsie Sioux, proprio i Cure, che, dopo Pornography, si diressero verso il pop. Robert Smith e compagni diventarono icone di massa. Grandi concerti e apparizioni televisive annebbiarono la loro immagine cupa ed elitaria. Ma negli album che seguirono Pornography restava un sottofondo di dark. Questo dark annacquato raggiunse così platee più vaste.

Disintegration e le malinconie dei Cure

Nel 1989, i Cure, che ora erano sei, tornarono all’inquietudine con Disintegration.

Disintegration era una sintesi. La desolazione delle origini, che però faceva tesoro delle recenti svolte.

Le atmosfere e le parole ora evocavano malinconie e languori autunnali. I Cure erano passati dalla disperazione di Pornography alle malinconie di Disintegration. Gli arrangiamenti erano ricchi. Lullaby fu uno dei più grandi successi di Robert Smith e compagni. Altri episodi dell’album sarebbero restati tra i capolavori della band, a cominciare dal brano d’apertura, Plainsong, con la sua indimenticabile intro.

Questo Lp era simile a una lunga giornata di pioggia.