Siberia dei Diaframma

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Cantano i Diaframma nell’album Siberia, nel brano omonimo che lo apre:

I nostri occhi impauriti

nelle stanze gelate,

al chiarore del petrolio bruciato

e oltre il muro il silenzio,

oltre il muro solo ghiaccio e silenzio.

E poi in Neogrigio, il brano successivo:

Chiuderò il sentimento

in scatole vuote,

quei ricordi appassiti

in un frammento d′autunno.

Il tuo candore

sta svenando i miei giorni

ferendo il bagliore della luce notturna

che si allontana in un sogno

racchiuso nel buio.

Siberia, l’esordio decadente dei Diaframma

Siberia, il primo album dei Diaframma, uscì il 5 dicembre dell’84. La data era giusta. Alle porte dell’inverno. Infatti il 33 era gelido e senza speranze. Un lavoro dalle tinte decadenti e angoscianti. In realtà il mese giusto sarebbe stato gennaio, come il titolo di una canzone e di un Ep dei Diaframma di qualche anno più tardi. Perché dicembre è anche il mese delle feste e delle luci natalizie. E Siberia non ha nulla di festoso e di luccicante. Se c’è un mese che simboleggia questo esordio dei Diaframma è proprio gennaio. Perché Siberia è privo di ogni luce. E di ogni speranza. È una passeggiata in un pomeriggio gelido, in un paese deserto. Siberia è il fondo dell’inverno.

Questo disco è uno degli esordi più folgoranti della canzone italiana. Per molti resta il capolavoro della band. Certamente è un disco che fa dell’aristocrazia e dell’angoscia agghiacciante il suo marchio. È un album bellissimo e compatto.

Le atmosfere di queste canzoni sono anticipate e sintetizzate dalla bellissima copertina. Un paesaggio innevato e silenzioso. Perché in Siberia non c’è spazio nemmeno per il dolore, ché il dolore è ancora vita. In Siberia i Diaframma cantano il gelo dell’anima.

Diaframma
Foto di Emanuele da Flickr (ritagliata), CC BY-SA 2.0.

I Diaframma: dagli inizi a Siberia

Federico Fiumani fondò la band a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta con due compagni di liceo. La scena era quella fiorentina. Il periodo era di grande fermento, tra post punk e atmosfere lugubri che arrivavano dall’Inghilterra. Siouxsie Sioux, i Cure, i Joy Division davano voce agli angoli cupi dell’anima.

Dopo aver cambiato il nome in Diaframma, e dopo avvicendamenti di formazione, la band, in quel dicembre dell’84, fece seguire ai primi singoli Siberia. Il cantante, arrivato nel gruppo poco prima delle incisioni, era Miro Sassolini. Sassolini sarebbe restato la voce della band fiorentina fino alla fine del decennio. Quella voce era potente, lontana dalla lezione di Ian Curtis, un simbolo di quella stagione dark. Ma esprimeva perfettamente lo spleen dei brani, a braccetto con una musica che sapeva di angoscia definitiva.

La poesia di Federico Fiumani

Il leader e chitarrista, Federico Fiumani, era in più l’autore dei testi musicali e di quelli poetici. Una poesia che veniva dalla Francia di Baudelaire.

Il simbolismo di questi versi non era certo esercizio e compiacimento. Le parole erano incisive e sincere.

Con Siberia i Diaframma diedero una vetta alla nostra musica indipendente. Si ritagliarono così uno spazio sicuro nel panorama alternativo. La band conquistò un consenso limitato ma duraturo, che arriva fino a questi giorni, rinnovandosi di continuo. Siberia è uno dei dischi di nicchia più idolatrati. Ed è un disco bellissimo.

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I Diaframma ebbero il merito di far arrivare i fermenti cupi d’oltremanica nel panorama italiano. Ma quel debutto non sapeva d’imitazione. Al contrario, era ricco e ispirato. E trasferiva su disco un’inquietudine profonda.

In quell’inquietudine, in quel decadentismo gelido, tra quei voli ermetici, sembrano intrufolarsi ricordi e possibilità di una vita diversa. Che però non fanno che confermare l’immobilità glaciale del presente.

La poesia di queste canzoni, se viene dalle parole, viene di più dai silenzi. È una poesia scabra, dove ogni parola che sale su da quell’inquietudine ha il suo peso.

Le liriche di Federico Fiumani sono raffinatissime. E piene di consapevolezza culturale, che però non è mai vuoto esercizio. Le letture e i maestri restano sullo sfondo. Sono finalizzati all’espressione del suo disagio esistenziale.

Una band restata di nicchia

Il culto riservato nel tempo a Siberia deriva anche dal fatto che i Diaframma non si sono mai venduti al successo facile. La band è restata di nicchia. Senza mai tradire lo zoccolo duro del suo seguito. Infatti, se è vero che nella sua lunga attività difficilmente si è avvicinata a quel capolavoro, è vero anche che non ha mai abbandonato un atteggiamento elitario e controcorrente. Continuando a suonare nei circoli ristretti e nelle periferie. Insomma, i Diaframma sono restati giovani e alternativi.