Cinque canzoni sull’estate

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L’estate è la stagione dei tormentoni. Quei tormentoni ci accompagnano ovunque. Scandiscono le nostre vacanze, la nostre illusioni, le nostre serate. Ma all’estate sono anche ispirate canzoni che non moriranno. Eccone cinque.

Cinque canzoni sull’estate

Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald – Summertime

Summertime fu composta tra il 1933 e il 1935 da George Gershwin, che per le parole si avvalse di suo fratello Ira. Il brano è uno degli standard jazz più eseguiti. L’hanno interpretato, tra gli altri, Chet Baker, Charlie Parker e la nostra Mina Mazzini.

Una delle versioni più celebri e toccanti è quella eseguita nel ’57 da Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald. Erano quelli gli anni in cui la tromba e la voce di Armstrong raggiungevano le masse. Il grande jazzista aveva abbandonato la purezza del jazz a favore della sua diffusione. La sua voce arrugginita toccava così ogni angolo del mondo. Quella voce splendida e quella leggendaria della Fitzgerald nel ’57 diedero nuova vita a Summertime.

Beach Boys – Surfin’ Safari

I Beach Boys, nei primi anni Sessanta, cantavano la spiaggia, le estati interminabili, la gioventù, il surf, il mito della California. Il loro era un mondo spensierato, fatto di illusioni che sembravano eterne. Quel rock and roll innocente e quegli intrecci vocali si accasarono così nei cuori dei ragazzi.

Ma la gioventù cantata dai Beach Boys era un mondo ideale. La California che usciva da quelle note era una terra sognata, un paese interiore. Brian Wilson, il genio del gruppo, non era un tipo da spiaggia. Era introverso e tormentato. E non aveva mai cavalcato le onde degli oceani.

Di quelle canzoni Surfin’ Safari fu uno dei più grandi successi. Fu il primo brano del primo album e un singolo vendutissimo. L’inizio di una storia che di lì a qualche anno avrebbe portato a Pet Sounds, il capolavoro dei Beach Boys. Con Pet Sounds Brian Wilson avrebbe partorito i suoi tormenti, e il suo perfezionismo avrebbe dato al pop dignità artistica. Ma al tempo di Surfin’ Safari l’inverno e il freddo erano di là da venire.

Surfin’ Safari è un pezzo spumeggiante. Ha il sapore della vacanza, della gioventù, dell’ebbrezza. E del rimpianto di un mondo non vissuto.

Frank Sinatra – Summer Wind

Negli anni Sessanta Frank Sinatra non era più l’idolo dei giovani. Ora c’erano i Rolling Stones, i Beatles e gli altri a occupare il suo posto. Persino i miti del rock and roll di pochi anni prima dovettero ingoiare questa novità. Ma Sinatra continuava a incidere con frenesia e a trovare nuovi successi. In particolare, nel ’66, l’album Strangers in the Night lo riportò in cima alle classifiche. Summer Wind era la seconda canzone di quell’album. Nel tempo sarebbe restata tra i classici di Sinatra. Il brano era uscito l’anno prima in Germania. Gli autori erano Heinz Meier e Hans Bradtke. L’autore della traduzione in inglese era Johnny Mercer.

Summer Wind è stata cantata da molti. Ma il suo prestigio è perlopiù legato all’interpretazione toccante di Sinatra. Una canzone che sembra scritta apposta per la sua voce cupa ed emotiva.

Il vento dell’estate accompagna le illusioni estive, prima di cedere il posto ai venti dell’autunno e dell’inverno. Summer Wind parla del tempo che passa. La malinconia imbeve l’interpretazione di Sinatra, che non sembra lontano dalle sue vette degli anni Cinquanta, quando i colori tormentati della sua voce scrissero la storia.

Sinatra, autore di una delle più belle canzoni sull'estate
Frank Sinatra. La sua Summer Wind è una delle più belle canzoni sull’estate.

Francesco Guccini – Giorno d’estate

I versi del Guccini di fine anni Sessanta sono tra i più poetici del suo canzoniere. A questo si deve la bellezza di Due anni dopo, il suo secondo Lp. Ma a questo si deve anche il limite di quei brani, le cui parole rischiano di essere quasi autonome, di non allargarsi nell’accompagnamento musicale. Però in Giorno d’estate il Maestrone trova un equilibrio splendido di parole e musica.

Le immagini sono ispiratissime. I suoni lontani, le città vuote, il gracidare delle rane, la sonnolenza dell’orto. Quell’assopimento dei sensi quasi richiama certi sprazzi del Montale degli Ossi di seppia. La musica esalta l’invenzione poetica. Le ventisei note uguali delle strofe pari sottolineano la stasi del giorno estivo. Gli interventi stranianti del flauto sono un tutt’uno con quel sole che fa irreali le cose. Il canto lento e immobile di Francesco fa il resto.

Con Giorno d’estate culmina il secondo 33 di Guccini. Un 33 imbevuto di esistenzialismo, di poesia, di inquietudini, di arrangiamenti scarni.

Giuni Russo – Un’estate al mare

Un’estate al mare è la hit per eccellenza di Giuni Russo.

Il brano uscì nell’82. Le parole sono di Franco Battiato, che scrisse la musica con Giusto Pio, suo collaboratore fidato di quegli anni. Era quello il periodo della Voce del padrone, album capolavoro, cortocircuito di altezze e pop. E Un’estate al mare ci ricorda in qualche modo quel bestseller di Battiato.

La banalità ostentata del refrain è una presa in giro delle canzoni banali dell’estate:

Un’estate al mare

Voglia di remare

Fare il bagno al largo

Per vedere da lontano gli ombrelloni-oni-oni.

Un’estate al mare

Stile balneare

Con il salvagente

Per paura di affogare.

Un refrain che resta nelle orecchie. Così Battiato riuscì nell’impresa di ridicolizzare i tormentoni con un tormentone.

In realtà la protagonista della canzone è una prostituta che sogna un’estate normale:

Sopra i ponti delle autostrade

C’è qualcuno fermo che ci saluta

Senti questa pelle com’è profumata

Mi ricorda l’olio di Tahiti.

Nelle sere quando c’era freddo

Si bruciavano le gomme di automobili

Quest’estate voglio divertirmi per le vacanze.

Un’estate al mare esaltò l’estensione vocale di Giuni Russo, che nel finale riuscì anche a imitare il verso dei gabbiani.