Tre canzoni di Franco Battiato

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Franco Battiato con le sue canzoni ci ha accompagnato per decenni. E ci accompagnerà ancora. Ci ha fatto riflettere e ci ha fatto anche ballare.

Battiato era colto. Ma la sua cultura non appesantiva le canzoni. L’artista siciliano ha saputo accordare come pochi l’alto e il basso. Non è mai stato snob e non è mai stato banale. Un emblema di questo è La voce del padrone, il primo Lp ad aver infranto la soglia del milione di copie in Italia e a un tempo un lavoro eletto da «Musica e dischi» secondo miglior album italiano degli anni Ottanta dopo Creuza de mä di Fabrizio De André.

Le canzoni di Franco Battiato sono tutto un mondo. Melodie pop e tappeti elettronici. Accostamenti arditi e linguaggio comune. Rock e canzone d’autore. Slanci mistici e ricordi di gioventù. Avanguardia e tradizione. Citazioni alte e frammenti del nostro tempo. Il proemio dell’Iliade e il rasoio elettrico a pochi versi di distanza in Cuccurucucù.

Da quella carriera lunga e fitta si potrebbe cavare un gran bel numero di gioielli. Qui ne ricordo tre. Di quelli che non puoi dimenticare. Tre canzoni che in più rappresentano tre fasi ben distinte dell’avventura di Franco Battiato.

Sequenze e frequenze. La sperimentazione degli anni Settanta

L’album Sulle corde di Aries del 1973 è il vertice del Battiato più sperimentale e sconosciuto. Il primo pezzo, Sequenze e frequenze, che occupa tutto il lato A, dura oltre sedici minuti. Ma la noia è lontanissima. Questo pezzo è tra le cose più belle dell’artista siciliano. È avanguardia e intellettualismo. Ma è anche emozione e viaggio in luoghi lontani. Pochi versi, ma memorabili. Immagini incantevoli strappate all’infanzia.

La maestra in estate

ci dava ripetizioni

nel suo cortile.

Io stavo sempre seduto

sopra un muretto

a guardare il mare.

Ogni tanto passava una nave.

Ogni tanto passava una nave.

E le sere d’inverno

restavo rinchiuso in casa

ad ammuffire.

Fuori il rumore dei tuoni

rimpiccioliva la mia candela.

Al mattino improvviso il sereno

mi portava un profumo di terra.

E poi un lungo tragitto musicale che ci trasporta in mondi altri, in terre d’incanto. L’art rock va a braccetto con una vena melodica che già s’intravede.

Elettronica e strumenti tradizionali. Profumi mediterranei e avanguardie mitteleuropee. Franco Battiato non assomiglia a nessuno, dentro e fuori l’Italia. Musica che guarda all’Europa restando se stessa. Un rock ipnotico che ci rapisce, tra nostalgie e mondi lontani.

Ci sarà da stupirsi, alla fine del decennio e con La voce del padrone dell’81, davanti alla svolta pop di Battiato. Eppure La voce del padrone, bestseller se altri mai, tra quelle cose a tratti ballabili riesce a conservare (e forse a potenziare) la sperimentazione e i significati alti, tra citazioni, accostamenti arditi, plurilinguismo, ironia, memorie pungenti, critica sociale. Alto e basso s’intrecciano. Il basso è nobilitato, l’alto è divulgato.

Ma il periodo della sperimentazione pura resta uno dei più affascinanti di Franco Battiato, e Sequenze e frequenze uno dei suoi esiti più ispirati.

Franco Battiato negli anni delle sue canzoni sperimentali

Summer on a Solitary Beach. La Sicilia di Franco Battiato

Summer on a Solitary Beach, meno sperimentale rispetto ad altri episodi dell’album, è il brano che apre La voce del padrone. La poesia e la musica, straordinariamente evocative, vanno a braccetto. Bellissimi anche i quattro versi in inglese, messi lì come prolungamento musicale.

La Sicilia di Battiato è una terra mitica. Una terra di odori indimenticabili. Più volte in questo canzoniere si affacciano frammenti intensi strappati a un mondo sognato. A una memoria antica e viva. I pomeriggi assolati, le zanzariere, il minatore bruno. Momenti d’infanzia e di memorie familiari che risalgono dagli anni lontani.

Summer on a Solitary Beach è uno degli esiti più emozionanti del Battiato siciliano. Il cinema all’aperto, la spiaggia solitaria, il caldo dei tropici, il grido che copriva le distanze. È un mondo leggendario, quello filtrato dalla memoria e dalla poesia di Battiato.

Passammo l’estate

su una spiaggia solitaria

e ci arrivava l’eco di un cinema all’aperto

e sulla sabbia un caldo tropicale

dal mare.

E nel pomeriggio

quando il sole ci nutriva

di tanto in tanto un grido copriva le distanze

e l’aria delle cose diventava

irreale.

E poi l’indeterminatezza del refrain.

Mare mare mare voglio annegare

portami lontano a naufragare

via via via da queste sponde

portami lontano sulle onde.

Voglia di sprofondare in quel mare? O desiderio di fuga da quegli orizzonti limitati? O solo una melodia che richiami i tormentoni estivi e smorzi l’intensità di quelle memorie?

La cura. Il misticismo di Franco Battiato

La cura è il brano più famoso e bello dell’Imboscata, album del ’96.

Nella seconda metà degli anni Ottanta e nel decennio successivo, Franco Battiato ha accentuato la tensione mistica delle sue canzoni, trovando con L’oceano di silenzio e L’ombra della luce due autentiche meraviglie.

Ma Franco Battiato ha sempre avuto presente, dalla fine degli anni Settanta, che le canzoni devono essere pop. D’altra parte il cantautore catanese non ha mai amato il pop banale. Quest’incontro di altezza e di vendibilità è alla base del grande successo popolare di un disco lodato dalla critica come La voce del padrone.

Sebbene nel caso della Cura siamo lontani dal quel Battiato dell’81, l’accordo di pop e arte con la A maiuscola resta il chiodo fisso dell’artista siciliano.

La cura è un brano mistico. Ma si tratta di un misticismo in un certo qual modo mascherato. Perché questa canzone sembra uno slancio d’amore verso l’altra metà della coppia. Dà l’idea, a un ascolto superficiale, di una classica canzone d’amore. Ma l’amore in questo caso è quello con la A maiuscola. È l’amore per il prossimo. È la parte più profonda di sé, quella più vicina a Dio, ad amare. Versi come «Supererò le correnti gravitazionali, / lo spazio e la luce per non farti invecchiare» e «Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono» richiamano infatti l’amore di Dio per le sue creature.

Questo brano si caratterizza anche per l’incontro di canzone d’autore e arrangiamenti rock.

La cura è per certo agli apici del canzoniere di Battiato. Uno degli esiti più alti della collaborazione con Manlio Sgalambro, coautore della parte letteraria.

Lo slancio mistico che potrebbe far pensare a una normale dichiarazione d’amore caratterizza anche E ti vengo a cercare, una delle canzoni più prestigiose di Franco Battiato, di cui troviamo una cover strepitosa e assorta in Linea gotica dei CSI.

Alcuni versi della Cura.

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,

dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.

Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,

dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore,

dalle ossessioni delle tue manie.

Supererò le correnti gravitazionali,

lo spazio e la luce per non farti invecchiare.

E guarirai da tutte le malattie,

perché sei un essere speciale,

ed io, avrò cura di te.