Carla Bissi, in arte Alice. La biografia

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Carla Bissi, la futura Alice, nacque a Forlì nell’autunno del ’54. Fin dalla giovane età manifestò l’attitudine al canto. Partecipò così a diversi concorsi. Intanto imparava a suonare il pianoforte.

Il debutto di Carla ci fu nel 1971, a Castrocaro. Vinse quel concorso per nuovi interpreti cantando Tanta voglia di lei dei Pooh. Era un esordio lontanissimo dalle strade che la ragazza avrebbe percorso. Era l’inizio di una gavetta lunga. Ma dalle gavette lunghe nascono i risultati più solidi.

La vittoria le permise di partecipare di diritto al Festival di Sanremo. Sanremo l’avrebbe anche vinto, la Bissi, nell’81, ma con una buone dose di anticonformismo. In quel Festival del ’72, cantò un brano scritto da Memo Remigi, ottenendo un fiasco.

Dopo un paio di 45 giri, Carla si prese una pausa.

Nel ’75 tornò, grazie a un contratto con la Cbs. Fino al ’78 pubblicò due album su cui la stessa cantante in futuro avrebbe avuto parole dure. Infatti le confezionavano, nella scrittura e negli arrangiamenti, un pop melenso che non rendeva giustizia a quella voce cupa e allo spirito anticonvenzionale della ragazza. Che ora aveva preso il nome di Alice Visconti.

Carla Bissi diventa Alice

All’inizio del nuovo decennio andò via il cognome. E andò via il pop stucchevole. Carla Bissi diventò Alice.

Il 1980 fu l’anno del passaggio alla Emi e dell’incontro con Franco Battiato, che in quel periodo progettava il successo della Voce del padrone e teorizzava il suo pop elitario. Battiato prese a lavorare con la Bissi. Contribuì ai testi. Arrangiò tutti i pezzi con Giusto Pio. L’elettronica e la sua avanguardia popolare plasmarono così il nuovo corso di Alice. Che collaborò alla scrittura dei brani e li interpretò con passione. L’album che fermò tutto questo era Capo Nord. Bello e inquieto. Carla Bissi era a suo agio tra quelle malinconie.

Il singolo tirato fuori da quel 33 era Il vento caldo dell’estate, che ebbe successo. Il brano metteva in chiaro le cose. Non più le storie melense ma gli amori desolati. Le tinte cupe.

Il pubblico cominciava a conoscere quella ragazza e la sua bellezza singolare. I suoi occhi penetranti e la sua presenza fiera.

L’album Alice e il successo commerciale

L’81 fu l’anno di Per Elisa e della vittoria al Festival di Sanremo. Ancora una canzone d’amore lontana dalle convenzioni della canzonetta italiana.

Il brano trainò l’album Alice, che conquistò anche le platee tedesche, dove la cantante da allora sarebbe stata di casa. L’elettronica con cui Battiato plasmò quelle tracce ricordava La voce del padrone. Qualità e successo commerciale. L’avanguardia e gli stimoli mitteleuropei allontanavano di anni luce Alice dai suoi album degli anni Settanta, quando volevano fare di lei un prodotto della canzonetta stucchevole. La cantante romagnola aveva invece un’altra indole.

Il successo clamoroso di quell’81 la metteva a disagio. Ma Carla Bissi non si sarebbe fatta travolgere. Avrebbe difeso la sua solitudine e il suo spirito elitario.

Carla Bissi, in arte Alice
Carla in tutto il suo splendore mentre canta Per Elisa al Festival dell’81.

Alice e Battiato cantano insieme

Nell’82 fu la volta dell’album Azimut. Poi Alice cominciò a procedere senza l’amico Battiato. Che era stato una presenza fondamentale nella sua carriera. Ma quella presenza cominciava a soffocare la cantante di Forlì.

Gli ultimi guizzi della coppia furono però tra i momenti migliori. Due canzoni dove la Bissi e il Maestro per le prime volte cantarono insieme. Chanson egocentrique, episodio di Azimut, e I treni di Tozeur, pubblicata come singolo nell’84. Entrambe portavano impresso il marchio di Battiato. La prima era avanguardia e nonsense. La seconda era intrisa di lentezze, di solitudini, di mondi antichi del Sud.

I Gioielli rubati da Carla Bissi

Ma non era facile per Alice allontanarsi dal mondo di Franco. Così, dopo Falsi allarmi dell’83, album dove ricercava strade diverse, nell’85 pubblicò Gioielli rubati, un Lp per il quale vinse il Premio Tenco come miglior interprete. I gioielli Carla li rubò a Battiato.

Prospettiva Nevski apriva il 33 e sarebbe restata, con le sue atmosfere cupe, un caposaldo dei concerti. Tra le altre cover, tutte sentite, spiccava Mal d’Africa, perla del Battiato siciliano. Il caldo del Sud, le zanzariere, le memorie antiche, i volti familiari, i giorni d’estate, le canottiere, le serate afose passate per la strada a criticare. Un mondo antico e leggendario, che risale dai fondali. Sembra di viverli quei pomeriggi assolati, quando dopo il pranzo si parlava piano per non disturbare chi era andato a riposare. Se la canzone di Franco Battiato era splendida, Alice la onorò con un’interpretazione suggestiva. Il Battiato siciliano tornava nel sesto brano di questi Gioielli rubati, Summer on a Solitary Beach. E poi via via tutto il resto. Alice era ai suoi vertici interpretativi.

La spiritualità di Alice

Dopo questo splendido Lp, ci fu la svolta di Carla. A cominciare dalla produzione, non più affidata ad Angelo Carrara ma a Francesco Messina. La Bissi si circondò di musicisti dal prestigio internazionale e tirò fuori due album splendidi. Park Hotel del 1986 e Il sole nella pioggia del 1989.

Le musiche si muovevano tra synth e sapori etnici. Queste canzoni, alla cui scrittura spesso collaborò Alice, erano imbevute di spiritualità e della ricerca di una vita altra. Juri Camisasca scrisse la metà dei brani del Sole nella pioggia. Artista affascinante e solitario, Camisasca ha conosciuto la vita monastica e quella eremitica.

Ma l’incontro più alto tra la spiritualità di Juri e la voce solenne e profonda di Alice ci fu forse nel primo di questi due album. Infatti Nomadi, settimo episodio di quell’Lp, era una meraviglia. Ci trasportava in mondi altri, tra solitudini e contemplazioni. In questo brano, le parole, la musica, gli arrangiamenti, la voce convivevano in modo naturale. C’era un equilibrio perfetto. Nomadi era una canzone di pace e di eternità. E sarebbe restata uno dei punti più alti e puri della carriera di Alice.

In più, tra questi due bellissimi album, Carla pubblicò, nell’87, Elisir, in cui rivestì i suoi vecchi brani, e, nell’88, Mélodie passeggère, resoconto dei suoi concerti in cui interpretò, con Michele Fedrigotti al piano, lieder di Satie, di Ravel, di Fauré.

Negli anni Ottanta Alice aveva toccato i suoi vertici, e, nel periodo della vittoria sanremese, la sua massima popolarità.

La vita ritirata di Carla Bissi

Già dalla seconda metà del decennio Carla Bissi aveva iniziato a schivare la notorietà. Infatti non tollerava la perdita della vita privata. È questo uno degli aspetti più affascinanti della biografia di Alice. Il suo ripudio del divismo. Dagli anni Novanta prese a vivere ritirata nelle campagne friulane con il suo compagno, Francesco Messina, e con i suoi gatti. Messina è stato il produttore degli album di Carla da Park Hotel a oggi. È stato spesso anche coautore dei brani.

Al Friuli e all’amore per la natura Alice aveva dedicato una delle sue interpretazioni più toccanti e contemplative, Anìn a grîs, dai versi in lingua friulana della poetessa Maria Di Gleria. Il brano, incluso nel Sole nella pioggia, era ricerca interiore e soffio di eternità, fuga dal caos urbano e immersione nell’armonia della vita.

Ancora tante cose

Dagli anni Novanta Alice ha fatto ancora tante cose, ma non ha forzato mai i suoi tempi. Ha proseguito con le collaborazioni musicali di prestigio e con la ricerca interiore, per esempio in Mezzogiorno sulle Alpi del ’92. Poi ha realizzato cover di cantautori, da Fabrizio De André al Battisti del dopo Mogol, nell’album Viaggio in Italia del 2003, dove ha cantato anche due testi di Pier Paolo Pasolini. Ha pubblicato altri 33. Ha cantato più volte con Franco Battiato, rinverdendo i tempi d’oro. In più ha spaziato dal pop alla musica classica. E ha fatto tanti concerti, anche all’estero.

I fasti degli anni anni Ottanta erano lontani, ma la voce calda di Carla Bissi ha continuato a emozionarci.