Le più belle canzoni di Sergio Endrigo

Al momento stai visualizzando Le più belle canzoni di Sergio Endrigo

Sergio Endrigo è stato autore e interprete di alcune delle più belle canzoni italiane del secondo Novecento. Nato a Pola, in Istria, nel 1933 e morto a Roma nel 2005, è stato tra i protagonisti di una stagione esaltante della nostra musica. Quella che, dopo la rottura di Volare di Domenico Modugno, ha traghettato negli anni Sessanta la parola cantata verso la piena affermazione dei cantautori. Con la scuola genovese, Piero Ciampi e il primo Fabrizio De André, Endrigo è stato uno dei padri di quella concezione della canzone che guarda all’arte e non solo al successo del momento. Che pure non gli è mancato, negli anni migliori. Poi è stato ingiustificatamente dimenticato dall’industria discografica e dalla critica. Ma le sue cose più riuscite hanno un posto sicuro nella cultura popolare dell’Italia del secondo Novecento.

Le canzoni di Sergio Endrigo sono intimiste, impegnate, sincere. Vi spiccano, oltre alla modernità e all’anticonformismo, anche qualcosa della tradizione e in particolare atmosfere da balera. Questo contrasto fa risaltare il passaggio dal passato al futuro. In effetti la bellezza di questo canzoniere sta nel suo essere un ponte. Un bellissimo ponte.

Di seguito ricordo alcune delle più belle canzoni di Sergio Endrigo.

Io che amo solo te (1962)

Io che amo solo te uscì come singolo nel ’62 e fu inserita nello stesso anno nell’album di debutto, Sergio Endrigo. Il cantautore di Pola era passato alla Rca, seguendo Nanni Ricordi, uno degli artefici della scuola genovese e della nascente canzone d’autore italiana. Io che amo solo te vendette oltre mezzo milione di copie in poche settimane. Nei decenni è stata inserita in numerose raccolte. È forse il brano più rappresentativo di Endrigo. Certo è una splendida canzone d’amore. L’hanno rifatta in tanti, da Fiorella Mannoia a Giuni Russo, da Ornella Vanoni a Mina. L’autore disse che parole e musica erano nate insieme. Infatti vanno d’accordo in modo naturale. Questa è una delle canzoni dove Sergio Endrigo raggiunge le sue vette. Un brano che esprime un amore totale.

C’è gente che ama mille cose

E si perde per le strade del mondo

Io che amo solo te

Io mi fermerò e ti regalerò

Quel che resta della mia gioventù.

Versi ispiratissimi che resteranno nella storia della canzone italiana.

Vecchia balera (1962)

Se Io che amo solo te è una canzone d’amore totale, l’album che la contiene è però a conti fatti malinconico. Del resto tutta la carriera di Sergio è intrisa di malinconia, di solitudine, di lentezze.

Vecchia balera è uno dei pezzi più belli e malinconici di quell’album d’esordio. Il cantautore vi ricorda la gioventù, i suoi inizi come cantante, i suoi primi innamoramenti, quelli che ti stordiscono. Quelli che non dimentichi neanche con il bicchiere in mano. Anche perché quegli amori sono legati alla giovinezza, che a un certo punto saluta e vola via. Pochi hanno saputo cantare la nostalgia come ha fatto Endrigo in Vecchia balera.

Là ho imparato che bere

Non basta per dimenticare

Cara vecchia balera

I miei vent’anni appartengono a te.

Sergio Endrigo
Sergio Endrigo.

Via Broletto 34 (1962)

Via Broletto 34 è un altro pezzo da novanta dell’Lp di debutto. Una delle canzoni che meglio testimoniano l’anticonformismo di Sergio Endrigo. Il cantautore istriano apparteneva in effetti a quel grappolo di giovani artisti che stavano traghettando la canzone italiana verso nuovi lidi. Non più storie d’amore banali, ma inquietudini e una poesia viva e fresca. Endrigo guardava alla Francia, come Luigi Tenco, Gino Paoli e gli altri esponenti di quell’ondata di modernità.

Via Broletto 34 metteva su disco un delitto passionale, la gelosia che sfocia nel sangue. Non era certo facile nella canzone italiana di quegli anni.

Teresa (1965)

Come Via Broletto 34, anche Teresa è un gioiello di anticonformismo e di provocazione. Era il 1965 quando il pezzo uscì come singolo. Endrigo vi raccontava un amore «peccaminoso», così diverso da quello di Io che amo solo te.

Teresa

Non sono mica nato ieri

Per te non sono stato il primo

Nemmeno l’ultimo lo sai lo so ma

Teresa

Di te non penso proprio niente

Proprio niente

Mi basta

Restare un poco accanto a te a te.

Alla metà degli anni Sessanta, la modernità che stava invadendo il mondo non aveva ancora attecchito in Italia, dove resistevano larghe fette di provincialismo. Il nuovo linguaggio e i nuovi costumi erano ancora visti con sospetto. Ma Endrigo guardava oltre.

Per rendersi conto della forza di quei versi basti pensare che la Rai li censurò.

Girotondo intorno al mondo (1966)

Prima o poi ci si dovrà rassegnare a considerare Sergio Endrigo uno dei più grandi cantautori italiani del Novecento e Girotondo intorno al mondo una delle canzoni che attestano questa grandezza.

Il brano uscì come singolo nel ’66. Nello stesso anno fu inserito nel terzo album, Endrigo. La stessa laconicità con cui l’artista di Pola intitolava in quegli anni i suoi 33 (il primo con il nome e il cognome e i successivi tre con il solo cognome) era un segno di anticonformismo, di un’essenzialità che sapeva d’arte. Del resto anche il suo modo di muoversi nell’industria discografica aveva i tratti della misura e della raffinatezza. Sergio non si lasciò mai prendere da atteggiamenti divistici neanche nei periodi di massimo successo. Era un uomo schivo e riservato, lontano dai riti del mainstream.

Ma torniamo a Girotondo intorno al mondo. Questa è una delle più belle canzoni italiane di pace. Diciamolo con chiarezza.

Endrigo trasse i versi da una poesia di Paul Fort e li musicò. Parole, musica e voce diventarono un tutt’uno emozionante.

La bellezza di quelle parole cantate sta nella loro semplicità mai banale. In quest’ossimoro risiede tutta la loro meraviglia. Perché la pace, in fondo, è una roba semplice. Così semplice da essere difficilissima.

Girotondo intorno al mondo trasuda di umanità.

L’arca di Noè (1970)

L’arca di Noè è una delle canzoni più famose di Sergio Endrigo. Uscì come singolo nel ’70. Diede anche il titolo, nello stesso anno, al suo primo album dal vivo. Un doppio registrato al Piccolo di Milano che ripercorreva la sua carriera e presentava chicche come la sua recitazione di San Martino del Carso di Giuseppe Ungaretti.

L’arca di Noè fu presentata nel ’70 al Festival di Sanremo, che Endrigo vinse due anni prima. Un brano dove risaltano la modernità, l’impegno, l’amore per la natura. Protagonista è la violenza sull’ambiente, quindi la violenza sull’uomo e sull’armonia della vita.

Un volo di gabbiani telecomandati

E una spiaggia di conchiglie morte

Nella notte una stella d’acciaio

Confonde il marinaio

Strisce bianche nel cielo azzurro

Per incantare e far sognare i bambini

La luna è piena di bandiere senza vento

Che fatica essere uomini.

Ma protagonista è anche la speranza. Nonostante alcune critiche negative seguite alla canzone per il suo presunto pessimismo, agli splendidi versi citati prima segue un insopprimibile slancio di fiducia.

Partirà la nave partirà

Dove arriverà questo non si sa

Sarà come l’arca di Noè

Il cane il gatto io e te.

Ci vuole un fiore (1974)

Le canzoni per bambini di Sergio Endrigo sono serie. Sono anche per gli adulti, per il bambino sepolto dentro l’adulto. Ci vuole un fiore, il più famoso di questi pezzi, fu scritta da Gianni Rodari per le parole e da Endrigo e da Luis Bacalov per la musica.

Il brano inizia con due versi molto significativi («Le cose di ogni giorno raccontano segreti / A chi le sa guardare ed ascoltare») per poi dispiegarsi in quella filastrocca rimasta nel cuore di tutti noi che ci parla del legame tra tutte le cose e del fiore (simbolo dell’amore e della pace), che è il principio di tutto.

Per fare un tavolo ci vuole il legno

Per fare il legno ci vuole l’albero

Per fare l’albero ci vuole il seme

Per fare il seme ci vuole il frutto

Per fare il frutto ci vuole il fiore

Ci vuole un fiore, ci vuole un fiore

Per fare tutto ci vuole un fiore.