Giuseppe Ungaretti: le poesie del Porto sepolto

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La poetica del Porto sepolto, il primo libro di poesie di Giuseppe Ungaretti, è annunciata dal componimento omonimo, il secondo della raccolta:

Vi arriva il poeta

e poi torna alla luce con i suoi canti

e li disperde

Di questa poesia

mi resta

quel nulla

d’inesauribile segreto

L’internazionalità delle poesie di Giuseppe Ungaretti

Immergendosi nelle splendide poesie del Porto sepolto, la prima cosa che salta agli occhi è l’internazionalità di Giuseppe Ungaretti. Le sue poesie sono impregnate di un clima europeo. Il porto sepolto, breve raccolta stampata per la prima volta, in ottanta esemplari, nel 1916 a Udine, investì la tradizione poetica italiana. Per l’assenza di punteggiatura, gli spazi bianchi ed evocativi, la parola pura che precede il discorso. Il soggiorno parigino del poeta favorì tutto questo.

Ungaretti, negli anni trascorsi nella capitale francese, dove si era trasferito per gli studi universitari, oltre a respirare un clima europeo, entrò in contatto con vari artisti e poeti. Tra questi Guillaume Apollinaire, che certo ispirò l’ungarettiana assenza di punteggiatura. In generale, il giovane Ungaretti era attratto dalle avanguardie, dal nuovo, da un clima letterario in fermento.

In più negli anni parigini approfondì la poesia simbolista francese, da Baudelaire a Mallarmé, presupposto del Porto sepolto e del carattere evocativo della parola ungarettiana. Da Mallarmé Ungaretti trasse l’idea di una poesia sottratta alla storia, che si perfeziona nel tempo con il lavoro di revisione e di lima.

Ma Ungaretti cosmopolita lo era sempre stato. Nato nel 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori italiani, aveva respirato fin da subito un’atmosfera non certo provinciale, in quel crocevia di luoghi lontani.

Giuseppe Ungaretti
Il poeta negli ultimi tempi della sua vita.

La parola come fondamento delle poesie di Giuseppe Ungaretti

Con Il porto sepolto, Giuseppe Ungaretti poneva la parola a fondamento della poesia. Le parole non erano più elementi del discorso, ma s’incaricavano di esprimere, nella loro autonomia e purezza, l’interiorità del poeta. Era una poesia del frammento e della verginità, quella di Ungaretti. La parola trovata nell’anima ne riportava a galla l’inquietudine e il grido. Il verso non era più quello della tradizione, ma veniva spezzettato in atomi di senso. Versi brevissimi, che davano risalto al singolo vocabolo.

Gli esordi di Ungaretti furono accompagnati dagli entusiasmi della critica e da un alto livello interpretativo. Eppure una delle cose più illuminanti su questa poetica la disse Francesco Flora, tra i pochi oppositori dei versicoli ungarettiani. Scrisse Flora all’inizio degli anni Venti: «Se stacco da un libro, sia pure di Matilde Serao, alcune battute, e le fermo in una pagina bianca, otterrò lo stesso effetto. Stampate, prendendola a caso dal vocabolario, una parola sola in una pagina, e la vostra anima si lancerà a riempirla d’una infinitezza musicale. Stampate solo un verbo all’infinito: “Dormire”. E voi riempirete questo schema di una lunga visione». Ma ciò che Flora considerava un limite di questa poesia è il suo pregio. Lo stile di Ungaretti, assolutizzando la parola cavata dal fondo dell’anima, non solo lasciava incontaminato il mondo interiore del poeta, in più caricava la parola dei significati ulteriori provenienti dal lettore.

La purezza del Porto sepolto

Le poesie del Porto sepolto sono fuori della storia, nonostante le occasioni da cui prendono vita siano nel cuore della storia e Giuseppe Ungaretti indichi puntualmente date e luoghi. In effetti, in quello che apparentemente è un diario di guerra, protagonista non è la guerra ma l’uomo.

La Prima guerra mondiale era l’occasione per il soldato Ungaretti di sprofondare nella vita e nella morte, nei significati essenziali ed eterni. Quella ungarettiana è poesia pura. In questo senso, e solo in questo senso, Il porto sepolto può essere considerato un presupposto dell’ermetismo. Che per il resto non ha nulla a che vedere con gli esordi ungarettiani. Infatti, se Ungaretti non rinuncia all’analogia, la sua non può essere definita poesia analogica. La forza e la purezza del Porto sepolto stanno nella parola solitaria, attinta dal fondo dell’anima. Ungaretti rinuncia al lessico prezioso e al discorso oscuro.

La guerra che ispirò a Giuseppe Ungaretti le poesie del Porto sepolto
La Grande guerra ispirò a Giuseppe Ungaretti le poesie del Porto sepolto.
Foto di Bruce Mewett da Pixabay.

Il porto sepolto: la disperazione, la vita, le nostalgie

Inevitabilmente, in vari punti del Porto sepolto, fa capolinea la solitudine dell’uomo perso nella guerra. La sua fragilità. Il pianto inascoltato.

Di queste case

non è rimasto

che qualche

brandello di muro

Di tanti

che mi corrispondevano

non è rimasto

neppure tanto

Ma nel cuore

nessuna croce manca

È il mio cuore

il paese più straziato

Ma è proprio la disperazione più acuta che capovolgendosi porta alla vita vera. E alcuni dei punti più alti del primo Ungaretti vanno ricercati nelle poesie in cui la morte viene percepita come l’apice della vita:

Un’intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d’amore

Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita

Un caposaldo del Porto sepolto sono poi il ricordo e la nostalgia. In questa direzione troviamo alcuni punti salienti della raccolta, come I fiumi e Silenzio. E poi la strabiliante Nostalgia, dove Ungaretti rievoca gli anni parigini catturando l’anima di Parigi e le sue segrete malinconie:

Quando

la notte è a svanire

poco prima di primavera

e di rado

qualcuno passa

Su Parigi s’addensa

un oscuro colore

di pianto

In un canto

di ponte

contemplo

l’illimitato silenzio

di una ragazza

tenue

Le nostre

malattie

si fondono

E come portati via

si rimane