Kurt Cobain e Courtney Love si misero insieme il 12 ottobre del ’91 a Chicago.
La mattina dopo, ognuno riprese la propria vita. Courtney tornò a Los Angeles. Kurt partì per la prosecuzione del tour, mentre Nevermind vendeva e vendeva e le porte della celebrità si aprivano ai Nirvana e al suo leader, che, del resto, dopo aver lavorato per conquistarla, ne era spaventato. La sua vita privata stava per terminare. Da qui in avanti, i problemi personali di Kurt Cobain sarebbero stati oggetto di discussione per il mondo.

Foto di julio zeppelin, CC BY-ND 2.0.
Kurt Cobain e Courtney Love. L’ingresso della droga nella vita della coppia
Kurt Cobain e Courtney Love si ritrovarono la settimana dopo a Los Angeles, e nella vita della coppia fece l’ingresso l’eroina. Kurt, che si bucava da un anno, ne era sempre più preda. Courtney era pulita da un po’. Per Cobain l’eroina era a suo dire un modo per sfuggire ai terribili dolori di stomaco, per i quali pareva non esistesse rimedio, e ai relativi propositi di farla finita. In realtà, da qui in avanti, sarebbe stata l’arma di un lento suicidio. I due, dietro proposta di Kurt, senza troppe resistenze di Courtney, si bucarono. L’indomani la Love si rifiutò, ma capitolò di nuovo il terzo giorno.
A fine novembre, Courtney abbandonò le Hole per raggiungere Kurt ad Amsterdam, dove i due si fecero di nuovo. Dopo una breve sosta londinese, ognuno riprese i rispettivi impegni.
In un’intervista di fine dicembre, Kurt Cobain annunciò l’intenzione di sposarsi.
Oltre alle voci sul matrimonio, ora circolavano quelle sulle droghe. Su quest’ultimo punto, Kurt mentiva, ma gli occhi, la pelle giallastra, l’aspetto non giovanile, le crisi di sonno e tutto il resto erano rivelatori. Anche i concerti venivano portati a termine da un Kurt Cobain sballato.
Il gennaio del ’92 fu la svolta per Kurt, ormai tossico a tutti gli effetti, in un modo che sembrava esagerato persino agli altri tossici. Era sempre fatto. Kurt pareva prendere confidenza con la morte, addirittura cercarla. Quest’atteggiamento cresceva con il crescere del successo.
Lo spleen di Kurt Cobain
Un giorno di quel gennaio, i Nirvana erano a New York, per una celebre apparizione in Tv che consacrò la fama del gruppo. La notte che seguiva l’evento, Kurt e Courtney stavano in albergo. La stanza era qualcosa d’inverosimile. Praticamente un porcile. Abiti e scarpe buttati alla rinfusa. Avanzi di cibo non consumato da giorni. Sporcizia e moscerini da prendersi qualche malattia. Del resto la coppia non desiderava che la dipendenza si occupasse di lei. Courtney, seguendo ciò che era diventato una sua piccola abitudine, aveva modificato il cartello standard dell’albergo «Non disturbare» in «Non disturbare mai! Stiamo scopando!».
In quei giorni tra le pareti si accumulò uno sporco spaventoso. Tra l’altro Kurt non era mai stato attento neanche alla pulizia del corpo (lavava raramente i denti) e alla sua immagine. In quella partecipazione televisiva indossava gli abiti di due giorni prima, e i capelli, che non lavava da una settimana, erano tutti appiccicaticci. Il disinteresse per il mondo e le sue regole si manifestava persino nell’appuntamento con la celebrità definitiva. Uno spleen senza pari, quello di Kurt Cobain, combattuto con dosi massicce di ero e medicinali. Il successo non vinceva il male invisibile del ragazzo, forse lo alimentava, mettendo davanti agli occhi del mondo il suo privato e i suoi eccessi.

Foto di Maia Valenzuela, CC BY 2.0.
La prima overdose quasi mortale di Kurt Cobain e l’arrivo di un figlio
Quella notte, nella stalla di quella stanza d’albergo, mentre Courtney dormiva, Kurt si iniettò una grande quantità di eroina. Quando la fidanzata si svegliò, ai primi chiarori, lo trovò a un passo dalla morte. Dovette rianimarlo con getti di acqua fredda in faccia e con forti pugni nella zona dei polmoni, ripetendo più volte l’operazione, che, lungo il breve tempo (circa 2 anni e 3 mesi) che separava Kurt Cobain dalla fine, avrebbe eseguito in più occasioni. Kurt sarebbe vissuto, da allora, come in equilibrio su un filo, dando del tu alla morte.
L’inizio del nuovo anno portò non solo la prima overdose quasi mortale di Kurt, anche la notizia dell’arrivo di un figlio, concepito a dicembre sotto l’effetto dell’ero. In principio, Cobain era preoccupato, temendo un bambino non sano. Poi si tranquillizzò, considerando anche il parere di uno specialista, che aveva assicurato che l’eroina usata all’inizio della gravidanza non era un rischio per il nascituro. Courtney voleva a tutti i costi l’erede, e ora anche Kurt.
La coppia affittò un appartamento a Los Angeles, ma poco dopo, per ripulirsi, già alloggiava in albergo. Così aveva consigliato un medico.
Kurt Cobain e una raggiante Courtney Love si sposarono in fretta e in furia il 24 febbraio del ’92 alle Hawaii, con una piccola cerimonia a carattere non religioso. Da notare che la cura non stava portando tutti questi benefici a Kurt, che era fatto perfino mentre si sposava.
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La nascita di Frances
Anche Courtney ricadde nella droga, complice un marito che si sballava di continuo.
In primavera, si decise per un ricovero, che parve dare buone speranze. Ma i due erano deboli, e inseguiti dai fantasmi.
In estate, Kurt era di nuovo in condizioni pietose, e anche i terribili dolori e bruciori allo stomaco continuavano a tormentarlo.
A inizio agosto, sempre più debilitato, il ragazzo si fece ricoverare per il terzo tentativo di disintossicazione. Nella stessa struttura, non lontana c’era Courtney, per alcune complicazioni della maternità. Intanto il bambino, anzi, la bambina, cresceva sana nella pancia della Love. Si sarebbe chiamata Frances. Forse era il nascituro a tenere ancora in vita Kurt, dandogli la speranza di un futuro nuovo.
Tuttavia Cobain, tormentato da vomito e dolori vari, riuscì a perdersi anche la nascita della sua Frances, splendida neonata dagli occhi azzurri (come quelli del papà). Frances conobbe il mondo la mattina del 18 agosto, mentre Kurt era privo di sensi. I freschi genitori avevano gli occhi lucidi, poco dopo, quando strinsero la piccola. Ma era una felicità sporcata dalle cattiverie del mondo. Si diffuse l’idea, scatenata da un giornalista, che i due, in preda agli ormai noti problemi di droga, non fossero in grado di prendersi cura di Frances. Ci fu addirittura chi sostenne che la bimba fosse malsana per gli stravizi dei genitori. Kurt e la Love erano angosciati, giudicati dal mondo anche su fatti così personali.
Follie di Kurt Cobain
Kurt andò su tutte le furie. Riuscì a scappare dalla struttura. Si fece d’ero. Tornò con una pistola. Andò nel reparto dove stava Courtney, e le ricordò che si erano ripromessi di uccidersi se gli avessero tolto la bambina. La Love, più lucida, riuscì a calmarlo e a sottrargli l’arma.
L’indomani Kurt riuscì in un’impresa memorabile. Fece entrare nell’ospedale dove cercava di disintossicarsi una spacciatrice e andò in overdose, sfiorando la morte. Venne salvato dal personale.
A sei giorni dalla nascita di Frances, iniziò, dietro istanza presentata dalla contea di Los Angeles per sottrarre alla coppia la custodia della figlia, il processo.
Kurt Cobain e Courtney Love si trasferiscono a Seattle
Secondo la sentenza la piccola andava affidata alla responsabilità di una tata e di un parente. Venne così assunta una certa Jackie, che, con Jamie, sorellastra del leader dei Nirvana, andò a vivere non lontana da Kurt e Courtney.
A novembre, il tribunale permise a Jamie di tornare a casa, e restò la sola bambinaia Jackie ad avere la custodia di Frances.
A marzo, una sentenza restituì Frances alla mamma e al papà, che, negli stessi giorni, si trasferirono a Seattle. Il cambio di residenza era dettato anche dalla volontà di non permettere ai giudici di Los Angeles di interferire ancora nella vita della famiglia.
Naturalmente una tata era necessaria, viste le condizioni di Courtney e soprattutto quelle di Kurt, che, per dirne una, nel contenitore destinato agli spazzolini da denti teneva la siringa. D’altra parte Jackie non ce la faceva più, alle prese con una famiglia tanto anomala, con quelle abitudini e quegli orari strambi. Dopo varie ricerche e altrettanti rifiuti, la coppia assunse come bambinaio un ragazzo di vent’anni detto Cali, armato di nessuna esperienza ma di tanta buona volontà.
Intanto continuava la confidenza tra Kurt e la morte, si parlavano tutti i giorni e sempre più spesso, in questo ’93, furono lì lì per incontrarsi, come in maggio, quando Cobain, ancora una volta, si salvò in extremis, dopo il trasporto in ospedale.
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Le celebri litigate tra Kurt Cobain e Courtney Love
Il ragazzo era disorientato. Courtney, che pure non era una santa, s’incazzava. Lei era più lucida e tentava di riappropriarsi di una vita più ordinata.
I litigi si fecero più intensi, e arrivarono al piano fisico, come il 4 giugno, quando Courtney chiamò la polizia e Kurt venne arrestato. Furono sequestrate delle armi. Dopo quest’episodio, i due si rinsaldarono.
Il fatidico 1994 iniziò con il trasferimento in una grande casa, appena comprata, in una zona esclusiva di Seattle. Anche Cali, il bambinaio, ora era cocainomane, e venne affiancato.
A febbraio, Kurt e Courtney erano separati, per i rispettivi impegni professionali, e litigavano al telefono per questioni legate all’eroina. Dopo un furibondo scontro, Cobain parlò di divorzio.

Foto di Stephen Eckert, CC BY 2.0.
Roma. Marzo 1994. Primo tentativo di suicidio
L’angoscia acuta stava per portare Kurt alle conseguenze estreme, all’inizio di marzo, in una Roma che già profumava di primavera. Nella capitale del mondo, la famiglia Cobain si ritrovò. La sera, in albergo, forse il ragazzo voleva chiudere in grande l’avventura terrena. Courtney: «Dovevo farmi scopare da lui anche se non ero dell’umore giusto. Voleva solo scopare». Sbrigata questa faccenda, la Love si addormentò. Kurt decise di avviarsi verso un sonno più profondo. Quella notte ingerì 60 pillole di Roipnol, un tranquillante ben più potente del Valium.
All’alba, Courtney, per l’ennesima volta, salvò la vita al marito, che per questo, una volta riaperti gli occhi in ospedale, l’avrebbe mandata all’altro paese scrivendo l’invettiva su un foglio non potendo ancora parlare per i tubi che gli riempivano la bocca. La Love, trovato quel mattino il corpo praticamente morto di Kurt, si affrettò a chiamare il soccorso.
Nel giro di un giorno, Cobain iniziò a riprendersi.
Si diffuse la notizia del suo decesso, presto smentita. La versione ufficiale parlava di overdose accidentale, una delle tante. Invece Kurt Cobain aveva lasciato un biglietto d’addio.
Quando le sue condizioni erano migliorate, si trasferì all’ospedale americano di Roma, dove recuperò velocemente.
Uscì presto dalla struttura.
Pochi giorni dopo stava a Seattle, e già cercava droga.
Il dramma di Kurt Cobain e Courtney Love
La povera Courtney stavolta decise che in casa non ci si poteva fare, così Kurt si trasferì in un malmesso motel, dove poteva stare in pace con la siringa.
Non avendo ottenuto risultati, Courtney riammise l’ero in casa. Almeno avrebbe potuto controllare meglio suo marito e salvarlo in caso di bisogno. Ma ormai era chiaro. L’appuntamento di Kurt Cobain con la morte era questione di poco tempo, e molti si stavano rassegnando al destino di questa leggenda del rock.
Le ultime settimane dell’avventura terrena del ragazzo furono terribili. Courtney passava le giornate tremando per una possibile overdose fatale del coniuge. Mentre il mondo del rock lo acclamava, Kurt entrava, all’insaputa di tutti, nell’ultimo stadio della follia. A Seattle si stava consumando il dramma della solitudine.
Kurt si drogava e drogava. Aveva raggiunto livelli spaventosi di disconnessione dalla realtà. Litigava con la moglie. Un giorno di metà marzo, chiuso in camera, parlò di suicidio, dopo l’ennesima discussione familiare. Courtney riuscì a farsi aprire. Vide le armi stese sul pavimento. Minacciò a sua volta di spararsi tanta era l’impotenza davanti alla tragedia di Kurt. Poco dopo Cobain si chiuse di nuovo. La Love chiamò le forze dell’ordine, che sequestrarono armi e munizioni.
Estremi tentativi di amici e familiari
Nei giorni successivi, Courtney Love, mamma Wendy, gli amici, il management dei Nirvana tentarono di strappare Kurt Cobain alla morte con uno sforzo estremo. Insistevano perché si ricoverasse, anche se sapevano che ogni prova di questo tipo era stata infruttuosa e che Kurt, quando usciva da un centro di recupero, come prima cosa si faceva. Il cantante dei Nirvana accettò l’intervento di specialisti, parve malleabile.
Un giorno ci fu una seduta a sorpresa a casa Cobain, alla quale presero parte Courtney, amici, compagni di band, il terapeuta, altri. Ognuno spiegò le ragioni per cui Kurt doveva darci un taglio con la droga. Courtney fu minacciosa. Parlò di divorzio e dell’allontanamento di Frances. Cobain rispose per le rime. Si sentiva giudicato e non aiutato. Controbatté che nessuno dei presenti era perfetto. Si scagliò contro la moglie. Insomma, la riunione si rivelò un disastro.
Courtney partì per Los Angeles, per ripulirsi. Presto fu raggiunta da Frances, accompagnata da Jackie, tornata alle dipendenze dei Cobain.
Fine marzo 1994. Verso l’epilogo
Approfittando dell’assenza della moglie, Kurt si ridusse in condizioni pietose più di quanto già non fosse. Ora si iniettava dosi d’ero spaventose anche agli occhi dei tossici più incalliti. Tralasciava le più elementari norme igieniche.
In un’occasione, per l’ennesima volta, era pressoché morto, steso in macchina. Quasi che il suo esile fisico fosse un’eccezione del genere umano, anche ora, non si sa come, si salvò.
Gli spacciatori si rifiutavano di vendergli la roba, intuendo che quel cliente, così illustre, così vicino alla morte, poteva portare solo guai.
Quando un’intera generazione lodava l’icona del nuovo rock, ignorava lo squallore e la sporcizia del suo quotidiano, i suoi tremendi tormenti, le stanze opache dove si infliggeva buchi e buchi, il suo essere un tossico tra i tossici, senza aureole e privilegi della celebrità.
In questi giorni, poco dopo la partenza di Courtney, Kurt Cobain visse con freddezza anche l’ultimo tentativo di sua madre Wendy e dell’amata sorella Kim, che, dietro suggerimento della Love, erano andate a trovarlo a Seattle. Kim uscì in lacrime. Forse in cuor suo sapeva che era l’ultima volta che vedeva il volto fragile del fratello.
Kurt accettò di essere seguito da un altro medico. Poi fu convinto a tentare la disintossicazione e a raggiungere la moglie a Los Angeles. Accompagnato all’aeroporto da Krist, collega di band, cambiò idea. I due si azzuffarono. Cobain scappò. Krist se ne andò piangendo, consapevole che quel corpo in fuga era l’ultima immagine del caro Kurt, fratello di sogni e di palchi.
Aprile 1994. L’epilogo
La sera, il leader dei Nirvana parlò al telefono con Courtney, che ancora una volta compì un miracolo, convincendolo a partire l’indomani.
Kurt la raggiunse. Venne ricoverato. Sua moglie tentò di incontrarlo, ma glielo vietarono, perché, così dissero i medici, nei primi giorni di sobrietà non era opportuno. Courtney non avrebbe più visto suo marito vivo. Ma Cobain ebbe la felicità di abbracciare la sua bambina, accompagnata nella struttura da Jackie.
Lì, Kurt Cobain decise per il suicidio, o così è ipotizzabile stando ai racconti delle poche persone che lo incontrarono. Sembrava sereno, più gentile, come se i suoi tomenti, per qualche misteriosa ragione, lo avessero abbandonato.
La notte del 1° aprile fuggì dalla clinica, scavalcando un muretto. Dopo non molto era a Seattle, nella sua casa, dove rivide il bambinaio, Cali, strafatto.
Courtney, quando seppe della fuga di Kurt, impazzì. Si prodigò in telefonate, ma nessuno sapeva che fine avesse fatto Kurt. Anche Cali, dopo quell’incontro fugace, temendo qualche svolta tragica, lasciò la casa e non lo vide più. Il terrore si tagliava a fette. Kurt, prima di partire per Los Angeles, si era procurato un fucile (le altre armi erano state sequestrate). Courtney ingaggiò degli investigatori, e ricadde nella droga. Non si sa quali siano stati gli spostamenti di Cobain, che non venne mai trovato in casa.
Il corpo di Kurt Cobain fu trovato nella sua serra la mattina dell’8 aprile.