George Harrison: «Nell’insieme non avrebbe proprio importanza se non avessimo mai fatto dischi o cantato una canzone. Non è importante quello. Quando muori avrai bisogno di una guida spirituale e di una conoscenza interiore che vada oltre i confini del mondo fisico. Con queste premesse direi che non ha molta importanza se sei il re di un paese, il sultano del Brunei o uno dei favolosi Beatles; conta quello che hai dentro. Alcune delle migliori canzoni che conosco sono quelle che non ho scritto ancora, e non ha neppure importanza se non le scriverò mai perché sono un niente se paragonate al grande quadro».
All’inizio del ’68, George Harrison, Paul McCartney e gli altri Beatles avevano già conosciuto il Maharishi Mahesh Yogi. Si trovavano proprio al seguito del Maharishi, in Galles, nell’agosto del ’67, quando seppero della morte di Brian Epstein. Erano i giorni del successo senza precedenti di Sgt. Pepper. George Harrison e compagni stavano all’apice del mondo. O così sembrava.

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Febbraio 1968. George Harrison e gli altri Beatles in India
Sulle rive del Gange, dove il fiume lascia la montagna e si dirige alla valle, a Rishikesh, arrivarono i Beatles, per trascorrere, con Mia Farrow, Mike Love dei Beach Boys, Donovan e altri, un periodo di meditazione, sotto la guida del Maharishi Mahesh Yogi.
Il Maharishi era nato nel ’18, aveva viaggiato in Occidente, aveva fatto proseliti. Sarebbe morto in Olanda nel 2008.
Ci fu scetticismo sull’onestà trascendentale del guru, polemica sui suoi presunti desideri sessuali, manifestati, si dice, in quel periodo di permanenza dei Beatles in India, accompagnati da mogli e fidanzate.
Ringo rimase poco, gli altri tre un po’ di più. George Harrison fu l’unico che sarebbe davvero restato legato a quell’esperienza, anche musicalmente: avrebbe continuato per tutta la vita ad approfondire l’Oriente. Sia lui che Paul sarebbero diventati vegetariani convinti.
In India, i Beatles furono prolifici: composero o ebbero l’ispirazione di comporre vari brani, che in gran parte sarebbero finiti nel Bianco.
Divertente il racconto di Lewis Lapham, all’epoca giovane giornalista inviato a Rishikesh sulle orme della band di Liverpool. Racconta di John Lennon che filmava un gruppo di indiani che a loro volta immortalavano John Lennon: ognuno aveva la propria «India»: il mondo del business e dei consumi attirava l’India, che attirava dal canto suo quel mondo: tutti sono alla ricerca di qualcosa d’altro.
I Beatles avevano sperimentato la strada del successo per fuggire l’inquietudine, ora provavano quella del Gange. In parte sarebbero rimasti delusi: l’«India», la vera «India», è dentro di noi.