Woodstock fu un vertice della controcultura e della gioventù dei Sessanta e la fine di quel sogno. Il decennio agli sgoccioli, in quell’agosto del ’69, raccolse le ultime energie, per regalare alla storia il più grande concerto rock, progenitore di un’infinita serie. Ma quel raduno fu spontaneità e imprevisto entusiasmante, i suoi figli, inevitabilmente, tentativi e tentativi di rivivere un clima consegnato al mito.
Più di mezzo secolo ci separa da Woodstock, ma tutti, chi più chi meno, siamo figli di quei tre giorni e più di aggregazione e gioventù.
Di artisti ne mancarono tanti, dai Rolling Stones a Bob Dylan, dai Beatles ai Doors di Jim Morrison, dai Led Zeppelin ad altri, ma c’erano Janis Joplin, Grateful Dead, Who, Jefferson Airplane, Jimi Hendrix…

Foto di Ben Frieden da Pixabay.
La gioventù di Woodstock. La fratellanza, l’anticonformismo
Alla vigilia decine di migliaia di ragazzi affollavano l’enorme fattoria di Bethel, stato di New York. Ma il 15 erano mezzo milione.
Guarda alcune foto di Woodstock.
I servizi igienici erano ridicoli, le provviste alimentari irraggiungibili. In più gli aiuti medici erano pochi, in quel mare variopinto di visi giovani.
La pioggia visitò più volte Woodstock, elargendo fango e problemi, ma quella gioventù superò tutto allegramente. Poi tende e sacchi a pelo sparsi dappertutto, sporcizia e sete. Sembrava una lotta per la sopravvivenza, ma quel mezzo milione di fratelli abbracciati sovrastò ogni ostacolo.
A Woodstock dominò la fratellanza.
A Woodstock fu un trionfo di anticonformismo: pace, Lsd e tette al vento.
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La fine del sogno
La conclusione fu affidata a Jimi Hendrix, la mattina del 18. Così visioni e pacifismo misero il sigillo alla favola. Era di lunedì. Tutta quella gioventù in gran parte era già andata via. Lo stordimento di quei tre giorni si faceva sentire. Jimi incantò in un’atmosfera da fine della festa. Si sa, tra un anno sarebbe morto, fucilato dagli eccessi.
Gli ultimi ragazzi sfollavano, intontiti ed esausti.
La realtà li chiamava.