Tre canzoni di Vinicio Capossela

Al momento stai visualizzando Tre canzoni di Vinicio Capossela

Le canzoni di Vinicio Capossela attingono da tradizioni diverse, ma sono unite sotto un inconfondibile marchio.

Capossela all’inizio è influenzato da Luigi Tenco, dal blues urbano di Tom Waits, dalle malinconie e dalle atmosfere d’inizio Novecento di Paolo Conte. Ma già dal primo Lp è un artista maturo, che ha interiorizzato i suoi maestri. Non imita nessuno, ma mette su disco i suoi disagi esistenziali e il suo gusto della notte. Con gli anni, la sua arte si è arricchita di vari mondi musicali, facendo di Vinicio uno dei cantautori più estrosi. Anche l’universo della sua parola è ricco. Colto, popolare, ironico. La musica e la parola di Vinicio sono una cosa sola. Sembrano nascere insieme come linguaggio a sé.

Premiato più volte al Tenco, adorato dalla critica, seguito da un pubblico fedele, questo cantastorie è ormai un’istituzione. È il cantautore più ispirato che l’Italia ha prodotto nell’ultimo scorcio di Novecento.

Tante le canzoni di Vinicio Capossela che si potrebbero ricordare. Di seguito, tre delle mie preferite.

Scivola vai via. La notte e le malinconie

La copertina del primo album (1990) di Vinicio Capossela è già un programma, con Vinicio assorto tra quelle tinte scure. Il titolo lo è ancora di più. All’una e trentacinque circa. La notte. Ma una notte non ancora finita, dove c’è spazio per un altro bicchiere. Partono le prime note, le prime parole, e quel programma è più chiaro che mai. La solitudine. Il buio. I suoi misteri. Le sue nostalgie.

Scivola vai via è il settimo brano dell’album, e ne condensa le malinconie. L’atmosfera è da locale demodé. Il piano e uno struggente bandoneon sembrano arrivare da un’epoca lontana. Ma tutto suona così moderno. È una storia d’amore che finisce.

Qualcosa ci ricorda Paolo Conte, nel clima. Ma Vinicio è se stesso. È difficile trovare, in un album d’esordio, un brano così maturo. Certo, Capossela ne farà di strada. Navigherà oceani musicali. Ma la semplicità evocativa di Scivola vai via resterà tra i gioielli di questo canzoniere.

Vinicio va controcorrente, con questo 33. Niente rock. Piano, contrabbasso, violini, a ricamare atmosfere notturne. Atmosfere che arrivano da qualche jazz club, dalla Francia, dall’inizio del Novecento, da un paese interiore di Capossela. Jazz, blues. Malinconie. Nostalgie di un mondo non vissuto.

Sembra di vederlo, Vinicio, seduto al piano, in una nube di fumo, in un club di periferia, con un bicchiere a portata di mano. Assorto tra i ricordi di un amore finito.

La notte di Vinicio Capossela
Foto di Sérgio Alves Santos su Unsplash.

Il ballo di San Vito. Una delle canzoni più sfrenate di Vinicio Capossela

Il ballo di San Vito è una delle canzoni più conosciute di Vinicio Capossela. Apre l’omonimo album, il quarto, uscito nel ’96. Per chi ha nel cuore le malinconie da bar fumoso del primo Capossela, questo disco è una sorpresa. L’essenzialità decadente degli esordi resterà sempre tra i vertici di questo canzoniere, che però ora si arricchisce di tante cose, dal ritmo indemoniato al sapore delle sagre del Sud. È un Capossela più visionario, che mescola diverse suggestioni.

Il ballo di San Vito è una tarantella eccitata ed eccitante, che testimonia un periodo euforico del cantautore. Una fase frenetica di gioventù, fatta di vagabondaggi e di sole in faccia, evocata in presa diretta dalle canzoni del 33. Il ballo di San Vito è un brano irresistibile. È la voglia sfrenata di vivere il mondo. Perché, quando un uomo solitario e malinconico va nel mondo, nessuno lo può fermare.

La padrona mia. Il sapore del Sud

Le canzoni di Vinicio Capossela negli anni si sono arricchite di tante suggestioni. Mondi musicali diversi si sono incrociati nei dischi di questo cantautore, capace però di ridurre tutto a unità. Un canzoniere ricco, ricchissimo, che però non dà l’idea della sovrabbondanza.

Tra queste suggestioni musicali, un posto di primo piano ce l’ha il suo Sud. Le tradizioni e i sapori della sua Irpinia. Sagre di paese, ritmi antichi, suoni del cuore. D’altra parte Capossela, se è un artista dalla grande cultura musicale e letteraria, è anche un artista della strada.

I profumi antichi del Sud imbevono Canzoni della cupa (2016), il decimo album, Premio Lunezia 2017. La padrona mia è il terzo episodio di quest’album. Una delle canzoni più suggestive di Vinicio Capossela. Anche perché il Sud delle sue origini incontra il centro-sud dell’America, grazie alla collaborazione con i Los Lobos. Tra i due mondi musicali Capossela scorge intime affinità.