Amici miei, il film di Monicelli del 1975

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Amici miei era un film pensato da Pietro Germi, ma uscì nel 1975 per la regia di Mario Monicelli. Infatti Germi non aveva potuto portare a termine il progetto per l’aggravarsi della cirrosi epatica. Così toccò a Monicelli dirigere la pellicola. E lo fece da par suo. Amici miei sarebbe infatti restato un caposaldo della commedia all’italiana, per i momenti di divertimento e per le sue malinconie. D’altra parte era stato proprio Monicelli, con I soliti ignoti del ’58, a mettere una pietra fondamentale della commedia all’italiana. Un genere che faceva divertire e che faceva pensare, sulla scia della lezione di Charlie Chaplin.

Le zingarate di cinque vecchi ragazzi

I protagonisti di Amici miei sono il Mascetti, il Melandri, il Perozzi, il Necchi e il Sassaroli, interpretati splendidamente da Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Philippe Noiret, Duilio Del Prete e Adolfo Celi.

Questi cinque amici fiorentini escono dalle gabbie della loro quotidianità organizzando periodicamente le loro zingarate. Le zingarate sono vagabondaggi e scherzi. I cinque sono tutti sulla cinquantina, ma conservano una verve giovanile.

Il Mascetti è un nobile che ha sperperato tutte le sue ricchezze. Vive in povertà, aiutato dai suoi amici, ma è molto orgoglioso del suo passato e conserva nei modi una dignità antica. Il Melandri è un architetto, impiegato al comune di Firenze. Il Perozzi è un giornalista. Il Necchi gestisce con la moglie un bar, luogo di appuntamenti per la comitiva. Questi quattro eroi si conoscono dai tempi della scuola. Dai tempi goliardici da cui vorrebbero non separarsi. Il Sassaroli è l’unico che entra nel gruppo in età adulta. Ma non c’impiega molto ad amalgamarsi. È un importante medico che dirige una clinica a Pescia.

Le zingarate dei cinque sono divertentissime, a volte ispirate a fatti reali. Alcune di queste appartengono alla nostra cultura popolare. A cominciare dalla più celebre, quella in cui questi vecchi ragazzi schiaffeggiano i passeggeri affacciati ai finestrini di un treno in partenza. Iconiche anche le supercazzole, di cui il Mascetti è un esperto. La supercazzola è una frase che mette insieme parole esistenti e altre inventate che, come dice lo Zingarelli, viene «pronunciata con serietà per sbalordire e confondere l’interlocutore».

Amici miei, film del 1975 di Monicelli
Duilio Del Prete, Ugo Tognazzi e Philippe Noiret in una scena di Amici miei.

Amici miei, un film imbevuto di spirito giovanile e di malinconia

Ma il divertimento s’intreccia alla malinconia. A cominciare dalla fine. Quando il Perozzi muore. Affaticato, dopo una giornata passata con gli amici di sempre, in cui rievoca le zingarate di una vita, viene colto da un infarto. Proprio il rifiuto del lieto fine è uno degli aspetti che allontanano la commedia all’italiana dal divertimento puro.

Ma la tristezza accompagna tutto il film, insinuandosi tra uno scherzo e l’altro. Per il contrasto tra la vita sognata in gioventù e il grigiore del presente. Tra il desiderio mai sopito di una vita zingaresca e libera e la gabbia della realtà. Il Mascetti imprigionato dalla sua povertà. Il Perozzi alle prese con una moglie severa e un figlio serioso che gli rimproverano il suo infantilismo. Gli altri annoiati del lavoro e della routine. È una vita senza fantasia, quella a cui i cinque si oppongono cercando di prolungare il tempo della gioventù e dell’irresponsabilità. Le zingarate di Amici miei strappano una lacrima, tra una risata e l’altra. Perché sono un tentativo ostinato e inutile di opporsi al tempo che passa. Perché quella voglia di giovinezza si scontra con una realtà arida e ostile. Amici miei è imbevuto di spirito giovanile e di malinconia.

Quando uscì, in quel 1975, Amici miei fu campione d’incassi, e ancora oggi risulta uno dei film più visti in Italia. Ebbe in più vari riconoscimenti, dai David di Donatello ai Nastri d’argento. Questa pellicola è certo tra i vertici della commedia all’italiana.