Il 1966 fu un anno d’oro per il rock. Tra i grandi album usciti quell’anno, ricordiamo Blonde on Blonde di Bob Dylan e Pet Sounds dei Beach Boys, i due lavori che sancirono la fine del 33 inteso come raccolta di pezzi. Il rock si avviava alla piena maturità. L’album sarebbe stato visto da allora come un’opera compiuta e compatta, un fatto d’arte. E il destino volle che questi due capolavori dei Beach Boys e di Bob Dylan entrarono a braccetto nei negozi, quel 16 maggio. Fu proprio in quel magico ’66 che uscì anche il secondo 33 di Simon e Garfunkel, il celebrato Sounds of Silence.
La festa stava per finire
Le malinconie di Pet Sounds, con cui i Beach Boys salutavano l’estate e la giovinezza, e le visioni inquiete che Dylan riversò nel doppio Blonde on Blonde anticipavano l’autunno. Tra un anno sarebbe esplosa l’Estate dell’amore. Tra tre anni il raduno di Woodstock avrebbe celebrato e fotografato le illusioni e la modernità di una generazione. Eppure c’era chi già vedeva quegli anni con gli occhi della nostalgia e della disillusione. Chi sentiva che la festa stava per finire. Tra questi Paul Simon e Art Garfunkel, che riversarono in Sounds of Silence le loro malinconie giovanili.
Il folk rock di Sounds of Silence
Bob Dylan da un paio d’anni stava rivoluzionando il rock, per la centralità data alla parola, per l’incontro di folk e spine attaccate. E il suono elettrico fece anche la fortuna, è storia nota, di The Sound of Silence, il brano più celebre di questo disco di Simon e Garfunkel.
L’idea fu del produttore Tom Wilson, che, all’insaputa del duo, aveva aggiunto sulla versione acustica parti di chitarra elettrica, basso e batteria. Il brano, pubblicato senza nessun successo nell’album d’esordio, sbancò in questa nuova versione. Il singolo in questione fu vendutissimo e le radio impazzirono. Paul e Art, che si erano momentaneamente separati, si ritrovarono in fretta, pronti per l’inizio della loro favola. La versione elettrica del pezzo apriva Sounds of Silence, l’album della svolta. In realtà anche la versione acustica era da brividi, e sarebbe stata riproposta tante volte, per esempio nel mitico concerto dell’81 al Central Park di New York.

Foto di Von Eddie Mallin, CC BY-SA 2.0.
Le malinconie giovanili di Sounds of Silence
Sounds of Silence era un album tutto imbevuto di folk rock, di armonie vocali limpide, di nostalgie, di introversione, di pillole di poesia, di metafore, di silenzi, di solitudini. Era musica di gioventù, non nel senso dell’impegno sociale che caratterizzava quegli anni. Simon e Garfunkel catturavano le inquietudini giovanili, le incertezze della crescita, la nostalgia dell’innocenza persa, la vivezza e l’intensità della giovinezza. La gioventù non è solo festa. È anche stupore davanti alla vita. Moti dell’animo ancora vivi, che non hanno ceduto all’abitudine, all’aridità degli anni. La bellezza di Sounds of Silence, e dell’intera opera di Paul Simon e Art Garfunkel, sta proprio in questo apparente ossimoro, nell’essere musica di gioventù e a un tempo musica di malinconie e solitudini.