Claudia Ruggeri, una delle voci più talentuose e vere della poesia italiana di fine secolo, nacque il 30 agosto del ’67 a Napoli.
L’anno dopo la sua famiglia si trasferì a Lecce, terra paterna, dove Claudia visse gli altri ventotto anni della sua vita.
In Salento cominciò ad affermarsi giovanissima, dalla metà degli anni Ottanta.
Fu amica del poeta Dario Bellezza ed ebbe un rapporto epistolare con Franco Fortini.
Claudia Ruggeri, una poetessa a un tempo letteraria e spontanea
La scrittura di Claudia, che raggiunge alcuni vertici nella sua prima silloge, Inferno minore, pubblicata postuma, era letteraria e spontanea a un tempo. Il suo bagaglio di letture veniva fuori senza che la sua poesia perdesse di freschezza. Reminiscenze classiche amalgamate a un linguaggio moderno. Nella poesia di Claudia Ruggeri si intravedono Dante e Montale, Cavalcanti e Campana, Bellezza e Zanzotto. E un’infinità di voci poetiche della tradizione e dell’oggi. Ma il risultato è tutto suo, reso affascinante dal cortocircuito tra cultura e movenze quotidiane.
Nell’arte di Claudia Ruggeri non si percepisce una volontà citazionista. I grandi poeti del passato Claudia li aveva digeriti, e le reminiscenze di cui trabocca la sua scrittura appartengono in modo naturale al suo linguaggio. Un linguaggio che è aristocratico ma qua e là anche basso.
Una poesia, la sua, definita ora barocca ora ermetica. Certo una poesia verticale, che non dice ma evoca, accenna, sussurra. Un timbro che a dispetto del bagaglio culturale che gli sta dietro, o forse proprio per quello, è originale, vero, riconoscibile. Franco Fortini consigliò a Claudia di alleggerire i suoi versi per far venire fuori la sua voce più autentica. Ma la sua voce più autentica è proprio quella che viene fuori. Un timbro formatosi sui libri, nato dalla confidenza con i grandi del passato. Per questo la sua poesia è a un tempo letteraria e naturale.

Il vuoto, la solitudine, il mistero
Quello che emerge dalle poesie di Claudia Ruggeri è un senso di vuoto, una disperazione, una solitudine che non ha conforto, ma anche una tensione metafisica. Claudia si riconosce persa in una condizione assurda. Una condizione che può provare a esprimere solo per cenni e slanci evocativi. La sua voce è un grido sommesso.
Era un giorno freddo dell’ottobre del ’96 quando Claudia volò dal sesto piano della sua casa di Lecce. Quell’anno anche Amelia, Amelia Rosselli, decise di lasciare il mondo lanciandosi nel vuoto. E la poesia di Claudia ci ricorda per certi versi quella della Rosselli, per quel lasciare liberi la lingua e il suono, che vengono fuori impetuosi e si riproducono spontanei al di qua delle logiche e della sintassi. Quell’anno andò via, distrutto dall’Aids, anche Dario Bellezza.
Claudia, quel giorno d’ottobre, era stata in Chiesa, prima di portare via dal mondo la sua bellezza. Già, perché lei era bellissima. Una bellezza che come la sua poesia era antica, moderna, misteriosa.