Johnny B. Goode di Chuck Berry, un’icona del rock

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Johnny B. Goode, lo sappiamo, è un brano simbolo del rock and roll, un brano pienamente libero dalle pastoie del conformismo e della tradizione, ed è la prima pietra del rock. Con questo pezzo del ’58, Chuck Berry si è ritagliato un posto di prima fila tra le leggende musicali del Novecento. Non solo con questo pezzo, si capisce. Ma Johnny B. Goode ha una marcia in più. È quel pezzo che ti fa dire, dopo che l’hai ascoltato: «Ecco il rock and roll». Non importa se non ne sei un esperto, non importa se non ne sei un cultore. Con Johnny B. Goode riconosci il rock and roll.

L’operazione compiuta da Chuck Berry con i brani degli anni Cinquanta è semplice, a vederla oggi, a vederla dal di fuori. Ma quella semplicità si porta dietro complessità, genialità, sofferenza. È proprio dei geni ridurre a semplicità la complessità, rendere chiara e intellegibile una rivoluzione, far apparire scontato un fatto che prima non c’era.

In fondo che cosa ha fatto Chuck Berry? Niente, ha soltanto inventato il rock. Prima il rock non c’era. Dopo c’è.

Johnny B. Goode
Foto di H. Michael Karshis su Flickr, CC BY 2.0.

Johnny B. Goode diceva basta a un’epoca

Certo, negli anni Cinquanta c’erano Little Richard, Elvis Presley, altri. Una qualche marcia di avvicinamento al rock c’era stata negli anni precedenti. Ma il rock, quello vero e puro, compiuto, comincia a uscire dalle note, dal canto sensuale e dai riff di Chuck Berry. Un rock più deciso di tante cose venute dopo. Un rock che a tratti è proto-punk, a cui si sono ispirati i Ramones e i Sex Pistols. Una trasgressione netta, un colpo deciso al perbenismo e al conformismo. Una coltellata a quella parte d’America che non tollerava il cambiamento e la provocazione. Chuck Berry dava voce alle nuove generazioni, vedeva il mondo con gli occhi della gioventù e della freschezza. La sua opera era un monumento alla gioventù.

Johnny B. Goode, Maybellene, Memphis, Tennessee, Roll Over Beethoven e gli altri pezzi anticipavano i tempi, aprivano un’autostrada, davano indicazioni chiare. Chuck Berry diceva basta a un’epoca, basta ai conformismi. Il suo canzoniere era un manifesto di fantasia, di novità, di trasgressione. E Johnny B. Goode era una bandiera di gioventù e di fiducia. Era la frenesia e la libertà. Era il futuro.

Rock
Foto di Peter Kraayvanger da Pixabay.

Chuck Berry e il rock

Chuck Berry ha unito la sua anima nera e blues alla tradizione bianca e country. Ha basato le canzoni sulla chitarra, una chitarra non perfetta tecnicamente ma sensuale, incisiva, provocatoria. Ha dato importanza ai riff. Poi ha rivendicato la diversità dei ragazzi e dei loro miti. Tutto era rock. Il rock and roll era nelle parole, piene di automobili, feste, adolescenza. Era nel modo anticonvenzionale di suonare, di stare sul palco. Era anche nel passo dell’anatra. E poi quel senso di divertimento che aleggiava in queste canzoni. L’atteggiamento rock era anche nella storia di Chuck, piena di ferite, eccessi, cadute, galere. Chuck Berry, in una parola, ha inventato il rock. Perché il rock è questo, musica interrazziale, sensualità, provocazione, gioventù, chitarra, biografia tormentata.

L’operazione compiuta da questo genio del Novecento è talmente limpida e intellegibile che resiste ai tentativi di analisi. Non si può dire più di tanto su Chuck Berry, perché Chuck Berry, in una parola, ha semplicemente inventato il rock. Chuck Berry ha segnato una linea tra il prima e il dopo. Prima il rock non c’era, dopo c’è. E Johnny B. Goode, in particolare, dà l’idea della perfezione, sembra stare sul confine, tra due epoche. E la sua bellezza sta proprio in quel suo sapore atavico e a un tempo modernissimo.

Johhny B. Goode, un’incarnazione del sogno americano

Johnny B. Goode è anche un inno alla fiducia e al talento, ed è un’incarnazione del sogno americano. Parla di un ragazzo che dalle periferie, pur essendo privo delle conoscenze che il mondo richiede, grazie al talento e all’ostinazione certo diventerà un grande chitarrista.

Johnny B. Goode, inserita da «Rolling Stone» al settimo posto tra i cinquecento brani più belli di ogni tempo, coverizzata e citata un’infinità di volte, ascoltata e idolatrata dalle generazioni, è stata inserita nel Voyager Golden Record, un disco per grammofono lanciato nello spazio nel ’77 con due sonde spaziali, che ha lo scopo di comunicare la vita e la cultura della Terra a eventuali extraterrestri.