Simone Weil nacque a Parigi nel 1909 da una famiglia ebrea. Fin da ragazzina si interessò alla politica, schierandosi istintivamente per i più deboli. Conclusi brillantemente gli studi di filosofia, prese la carriera dell’insegnamento. Intanto continuava nelle sue battaglie per i disoccupati. Alla metà degli anni Trenta scelse di lasciare l’insegnamento per sperimentare da vicino la vita delle fabbriche. Così prese a lavorare in vari stabilimenti. In quegli anni visse la crisi spirituale che la portò vicino al cristianesimo. Quando le forze di Hitler presero Parigi e iniziarono la persecuzione contro gli ebrei francesi, la Weil emigrò prima negli Stati Uniti e poi in Inghilterra. Si spense nel ’43. Le sue opere apparvero nei vent’anni successivi, intessute di politica, di spunti filosofici, di tensione religiosa. Le frasi di Simone Weil che seguono testimoniano il suo slancio mistico.
Frasi di Simone Weil
I sentimenti umani sono quasi cancellati dalle spietate necessità della guerra, ma nella misura in cui continuano a esistere, precari e minacciati, essi esistono puri, e da nessun’altra parte ce ne sono di più puri.
In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c’è realmente la presenza di Dio. C’è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile.
Mi sembra duro pensare che il rumore del vento tra le foglie non sia un oracolo; duro pensare che questo animale, mio fratello, non abbia anima; duro pensare che il coro delle stelle nei cieli non canti le lodi dell’Eterno.

Mi sono sempre proibita di pensare a una vita futura, ma ho sempre creduto che l’istante della morte sia la norma e lo scopo della vita. Pensavo che per quanti vivono come si conviene sia l’istante in cui per una frazione infinitesimale di tempo penetra nell’anima la verità pura, nuda, certa, eterna. Posso dire di non avere mai desiderato per me altro bene.
Nel 1937 ho trascorso ad Assisi due giorni meravigliosi. Là, mentre ero sola nella piccola cappella romanica del secolo XII di Santa Maria degli Angeli, incomparabile miracolo di purezza, in cui san Francesco ha pregato tanto spesso, qualcosa più forte di me mi ha costretta, per la prima volta in vita mia, a inginocchiarmi.
I beni più preziosi non devono essere cercati ma attesi. L’uomo, infatti, non può trovarli con le sue sole forze, e se si mette a cercarli troverà al loro posto dei falsi beni di cui non saprà neppure riconoscere la falsità.
È necessario che l’anima continui ad amare a vuoto, o per lo meno a voler amare, anche soltanto con una parte infinitamente piccola di se stessa. Allora un giorno Dio stesso viene a rivelarsi a lei e a mostrarle la bellezza del mondo, come avvenne per Giobbe. Ma se l’anima cessa di amare precipita già qui sulla terra in uno stato quasi equivalente all’inferno.
Solo compiendolo si ha l’esperienza del bene.
Si ha l’esperienza del male solo vietandoci di compierlo; o, se lo si è compiuto, pentendosene.
Quando si compie il male, non lo si conosce, perché il male fugge la luce.
Non la religione, ma la rivoluzione è oppio del popolo.