Frasi di Emil Cioran

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Emil Cioran nacque a Rășinari, in Romania, nel 1911. Si trasferì a Parigi nel ’37. Cominciò a scrivere in francese dieci anni dopo. Filosofo isolato, saggista dalla scrittura frammentaria e provocatoria, diede voce alle angosce del suo tempo. Il suo pessimismo radicale impregna tutta la sua opera. Vicino all’esistenzialismo, ne rifiutava l’impegno politico. Tra i suoi amici degli anni parigini, ci furono Eugène Ionesco e Samuel Beckett, esponenti di prim’ordine del Teatro dell’assurdo. Influenzato da Nietzsche, Schopenhauer, Heidegger, in realtà Cioran era lontano da tutti. Condusse una vita romanticamente povera, anche negli anni del successo. Fu attanagliato da un’insonnia orribile e fu vicino al suicidio. La sua opera bellissima, asistematica, è fatta di sprazzi, di sfoghi, di impennate, di anticonformismo estremo. Non c’è nessuna concessione al buon senso. Cioran era nato per scandalizzare. Morì a Parigi nel ’95.

Di seguito alcune frasi di Emil Cioran.

Frasi di Emil Cioran

La sincerità totale è compatibile solo con il monastero o l’assassinio.

Che cosa succederebbe se il volto umano esprimesse fedelmente tutta la sofferenza di dentro, se l’espressione traducesse tutto il tormento interiore? Riusciremmo ancora a conversare? Non dovremmo parlare nascondendoci il volto con le mani?

Ci sono due modi di sentire la solitudine: sentirsi soli al mondo o avvertire la solitudine del mondo. Chi si sente solo vive un dramma puramente individuale […]. Il sentimento di solitudine cosmica deriva invece non tanto da un tormento puramente soggettivo, quanto piuttosto dalla sensazione di abbandono di questo mondo, dal sentimento di un nulla esteriore. Come se il mondo avesse perduto di colpo il suo splendore per raffigurare la monotonia essenziale di un cimitero.

La bestialità della vita mi ha calpestato e schiacciato, mi ha tagliato le ali in pieno volo e derubato di tutte le gioie cui avevo diritto.

Emil Cioran
Emil Cioran.

Tutti quelli che nell’ora suprema vogliono circondarsi di amici lo fanno per paura e per incapacità di affrontare i loro ultimi istanti. Cercano di dimenticare, nel momento capitale, la propria morte.

L’origine dei nostri atti sta nella propensione inconscia a ritenerci il centro, la ragione e l’esito del tempo. I nostri riflessi e il nostro orgoglio trasformano in pianeta la briciola di carne e di coscienza che noi siamo. Se avessimo il giusto senso della nostra posizione nel mondo, […] la rivelazione della nostra infima presenza ci schiaccerebbe.

Si è «civilizzati» nella misura in cui non si esibisce la propria lebbra e si porta rispetto all’elegante falsità costruita dai secoli.

Se tutti coloro che abbiamo ucciso col pensiero scomparissero davvero, la terra non avrebbe più abitanti.

Alla minima contrarietà, e a maggior ragione al minimo dispiacere, bisogna precipitarsi nel cimitero più vicino, dispensatore immediato di una calma che si cercherebbe invano altrove.

Quei figli che non ho voluto, sapessero la felicità che mi debbono!

La differenza fra il teorico della fede e il credente è grande quanto quella fra lo psichiatra e il matto.

Ciò di cui avremmo bisogno è il dono d’immaginare la possibilità della preghiera, indispensabile a chiunque persegua la propria salvezza. L’inferno è la preghiera inconcepibile.

Non esiste un mezzo per dimostrare che è preferibile essere piuttosto che non essere.

Il pensiero della precarietà mi accompagna in ogni circostanza: stamane, imbucando una lettera, mi dicevo che era indirizzata a un mortale.

L’Occidente, un marciume che sa di buono, un cadavere profumato.

L’uomo emana un odore speciale: fra tutti gli animali, soltanto lui puzza di cadavere.

Mi piacerebbe essere libero, perdutamente libero. Libero come un nato morto.

Vi è qualcosa di sacro in ogni essere che non sa di esistere, in ogni forma di vita indenne da coscienza. Colui che non ha mai invidiato il vegetale ha solo sfiorato il dramma umano.