Miles Davis aveva la capacità di anticipare le tendenze, di vedere prima e meglio degli altri. Ma le sue rivoluzioni erano morbide, inserite nella tradizione, mai astruse. Tra le svolte di Miles Davis, la più bella è quella che viene fuori dai solchi di Kind of Blue, pietra miliare della musica tutta del Novecento. Era il 1959 quando il trombettista entrò in studio per lasciarci un’opera che racchiude tutti i sapori del jazz e della notte.
Kind of Blue è tra i primi dischi di jazz modale. Questo stile dà più libertà alla melodia, a discapito della complessità armonica. Dopo l’ondata bebop, Davis intuiva l’esigenza diffusa di tornare a dare più respiro alla melodia. Il disco diede corpo a quell’esigenza.
L’enfasi posta sull’improvvisazione melodica strizzava l’occhio al jazz della tradizione, ma era figlia della rivoluzione modale. Insomma: Kind of Blue aveva un sapore antico, eppure era modernissimo.
Davis mise insieme una formazione perfetta. «Cannonball» Adderley (sax contralto), Jimmy Cobb (batteria), John Coltrane (sax tenore), Paul Chambers (contrabbasso), Bill Evans (pianoforte), Wynton Kelly (pianoforte in Freddie Freeloader). Arrivò in studio con qualche schema buttato giù poche ore prima. Su quegli schemi, dopo una rapida visione e qualche tentativo, il gruppo iniziò a fermare sul nastro una musica notturna e universale. Su tutti Miles Davis, che soffiò nella tromba malinconie e contemplazioni senza tempo. Le leggende dicono che fu ritenuta definitiva ogni esecuzione portata a termine per la prima volta (e siamo vicini al vero). Era la primavera del ’59.
