Scrive Karl Jaspers nel 1922: «Quello di van Gogh (nato nel 1853) non è un carattere comune. Tende ad isolarsi, ma al tempo stesso è sempre alla ricerca di amore e d’amicizia. Molti – non tutti – trovano che è difficile vivere con lui. Non ha fortuna con la gente. “Il comportamento di van Gogh appariva ridicolo, perché agiva, pensava, sentiva, viveva in modo diverso dai suoi coetanei… aveva sempre un’aria assorta, grave, malinconica. Ma quando rideva, rideva con cordialità e giovialità, e allora il suo viso si rischiarava” (M.J. Brusse). Gli è difficile, anzi impossibile adattarsi, non sembra avere una meta, e nonostante ciò è profondamente animato da qualcosa che bisogna chiamare fede. Malgrado lunghi periodi d’inattività, restò sempre convinto di essere chiamato dal destino».
Allucinazioni e tormenti
Quel destino era la pittura, dove Vincent van Gogh riversò tutti i suoi tormenti e tutte le sue follie.
Se nelle prime opere i toni erano scuri, con il soggiorno parigino e con la scoperta degli impressionisti, l’artista olandese scelse la luce. Ma i suoi dipinti andavano ben oltre l’impressionismo. Si discostavano dalla realtà per dar voce alle angosce e ai tumulti del suo animo. Specie a partire dal suo ricovero in manicomio, che precedeva di poco più di un anno il suo suicidio, van Gogh dipinse le sue allucinazioni. Le immagini deformate, i colori vivi e violenti trasferivano sulla tela la sua interiorità e le sue paure.
Il caffè di notte è la summa di tutte le disperazioni. Notte stellata è un’icona della modernità, con le sue stelle abbaglianti che ruotano minacciose. Gli splendidi autoritratti, ritratti, campi di grano, girasoli sono tutti indizi di quella condizione che le maggioranze chiamano disturbo mentale. Quel disturbo deviò i destini dell’arte. Van Gogh anticipò la violenza dell’espressionismo. Emise anche il primo vagito dell’arte astratta.
Il pittore olandese è l’emblema del genio e della sregolatezza, tra vita bohémien, povertà, morte precoce, allucinazioni, slanci religiosi. Quella storia e la bellezza abbagliante delle sue opere hanno esercitato sul Novecento un fascino incalcolabile.
A disagio nel mondo, votato all’eternità, van Gogh ebbe in vita un successo nullo, che dopo la morte si è capovolto in ammirazione incondizionata.
Importanti le sue Lettere a Theo, l’amato fratello che lo sostenne, anche materialmente.
Di seguito alcune frasi di Vincent van Gogh.
Frasi di Vincent van Gogh
Quella stessa notte, dalla finestra della mia camera, lasciai vagare lo sguardo sui tetti delle case e sulle cime degli olmi, scuri sullo sfondo del cielo. Sopra quei tetti brillava una sola stella – splendida, grande, amica. Pensai a voi tutti e agli anni trascorsi e alla nostra casa […].
Bisogna aver sempre presente la meta da raggiungere e che la vittoria ottenuta dopo un’intera vita di laboriosa fatica vale più di un facile successo. Chiunque viva sinceramente e affronti senza piegarsi dolori e delusioni è assai più degno di chi ha sempre avuto il vento favorevole, non conoscendo altro che una relativa prosperità.
Di recente ho avuto pochi rapporti con altri pittori. Non me ne sono trovato svantaggiato. Non è il linguaggio dei pittori, ma quello della natura che bisogna ascoltare.
Secondo me, lavorare per il mercato non è precisamente la via giusta; anzi, significa prendere in giro i cultori d’arte. I pittori veri non possono averlo fatto; la simpatia che essi hanno ricevuto ad un determinato momento era il risultato della loro sincerità.

Foto di Jean Carlo Emer su Unsplash.
Dichiaro di non saperne assolutamente nulla, ma la vista delle stelle mi fa sempre sognare, come pure mi fanno pensare i puntini neri che rappresentano sulle carte geografiche città e villaggi. Perché, mi dico, i punti luminosi del firmamento ci dovrebbero essere meno accessibili dei punti neri della carta di Francia? Se prendiamo il treno per andare a Tarascon oppure a Rouen, possiamo prendere la morte per andare in una stella.
Soffrire senza lamentarci è l’unica lezione che dobbiamo imparare in questa vita.
Non vivo per me, ma per la generazione che verrà.
Nella mia febbre cerebrale o follia, non so come chiamarla, i miei pensieri hanno navigato molti mari.