Con le sue canzoni Eminem, pseudonimo di Marshall Mathers, nato nel ’72 a St. Joseph, nel Missouri, ha portato l’hip hop a una diffusione di massa, e ha provocato un divismo che non vedevamo da tempo. Naturalmente la sua grandezza è fatta di tante cose, a cominciare dalla voce nasale e personalissima che fa di lui uno dei più grandi cantanti dell’hip hop.
Qui ci concentriamo sulla sua tematica, sottolineandone alcune costanti.
I temi fondamentali del canzoniere di Eminem trovano il loro apice in The Marshall Mathers Lp, album pubblicato nel maggio del 2000, che ha consacrato l’artista di St. Joseph come una delle icone massime d’inizio millennio. Ormai non si contano più le decine di milioni di copie vendute. Con quest’album si è inoltre consolidato il plauso critico che ha investito la sua arte. Un consenso arrivato anche da premi Nobel per la letteratura come Bob Dylan e Seamus Heaney.

Di Sebastian Vital su Flickr, CC BY 2.0.
Eminem e la sua storia di dolore
Al centro di queste canzoni c’è la biografia dell’autore, una biografia certo romanzata, ma anche una storia personale spiattellata in faccia agli ascoltatori. Questo è il primo tratto della scrittura eminemiana, il non nascondersi.
La storia di Eminem è colma di bohème e di dolore. Il padre andato via quando lui aveva pochi mesi. Marshall trascinato negli anni dell’infanzia dalla madre da una parte all’altra, tra casupole di fortuna e roulotte, tra povertà e vicende. Una madre accusata da Eminem in più di un brano di eccessiva confidenza con le droghe, cosa per la quale lei ha chiesto un risarcimento enorme al figlio. E già il fatto che madre e figlio finiscano per vie legali è indice di una storia personale fuori del comune e piena di ferite.
L’adolescente Marshall, stabilitosi a Detroit con la mamma, visse anni tormentati. Ragazzo timido, era vittima di bullismo a scuola, veniva picchiato, e una volta fu mandato in fin di vita all’ospedale.
Si potrebbe dire tanto sul romanzo di Marshall Mathers, ma queste due righe bastano a rendere comprensibile la sua voglia di affermazione e di riscatto, che lo ha portato nell’olimpo delle star e delle leggende dei giorni nostri.
A scuola venne bocciato più volte e non arrivò al pezzo di carta. In compenso si appassionò all’hip hop. In quegli anni conobbe Kim, sua futura moglie. Una storia di accuse, tradimenti, separazioni, quella tra Marshall e Kim. E proprio Kim è una delle vittime degli insulti infilati da Eminem nelle sue canzoni.
Contro ogni perbenismo e convenzione
Le ingiurie il rapper non le risparmia naturalmente neanche alla madre («Quella fottuta puttana di mia mamma mi ha querelato per dieci milioni. Deve volere un dollaro per ogni pillola che ho rubato. Merda, dove cazzo credi che ho preso l’abitudine? Tutto quello che dovevo fare era andare nella sua stanza e alzare il suo materasso», canta in Marshall Mathers).
Ma nessuno (tranne la figlia), dentro e fuori la famiglia, viene risparmiato dalla sua foga e dalla sua rabbia. Marshall non si tiene dentro niente, le sue parole sono una lava che investe tutto e tutti. Eminem non si nasconde, non nasconde le sue storie, i suoi inferni. Lascia venire a galla ogni cosa, senza compromessi. Senza concedere nulla al conformismo, alla privatezza, al buon senso. Le canzoni di Eminem sono di una durezza inaudita, di una spontaneità disarmante. Un pugno tirato in faccia al perbenismo e alle convenzioni. La grande arte di Marshall Mathers viene anche da questo, dall’assenza totale di conformismo.
Naturalmente la biografia che il rapper ha spiattellato in faccia al mondo ha suscitato grande interesse. Libri, articoli, speculazioni. Eppure proprio la totale mancanza di privatezza rende Eminem un personaggio riservatissimo. Questo scavare nelle vicende del mito di St. Joseph non fa che riaffermare il carattere per nulla pubblico della sua biografia, l’insondabilità del suo passato, la segretezza profonda delle sue storie. Forse solo i muri delle stanze povere e fredde che hanno ospitato Marshall ne sanno qualcosa. Paradossalmente, mostrarsi nudi è la migliore garanzia di riservatezza.
La prigione del successo
La storia di Marshall dimostra che si può arrivare. Dalle situazioni disperate e irrecuperabili della sua infanzia e adolescenza, Marshall è diventato Eminem, l’idolo di folle oceaniche. La storia di Marshall, e questo è un altro suo grande tema, dimostra anche che arrivare non serve a niente, che il successo è solo un’illusione momentanea, una fuga, un’ubriacatura, il passaggio da una prigione all’altra, perché, come il rapper canta in The Way I Am, «non posso cagare nel bagno senza che nessuno stia lì in piedi».
Eminem, scheggia impazzita della società
Un altro tema portante delle canzoni di Eminem sono le accuse verso la società americana, accuse riguardanti il razzismo, le armi, la violenza sulle donne, l’omofobia. Il rapper di St. Joseph è stato spesso incolpato di queste cose (razzismo, omofobia e via dicendo) da colleghi, giornalisti, dall’industria discografica, a causa dei suoi testi espliciti, per nulla improntati al compromesso e all’ipocrisia, testi in cui la rabbia viene fuori con tutta la sua forza e tutte le sue ingiurie, senza argini e calcoli. Ma Eminem, sembrano dirci le sue canzoni, altro non è che la cattiva coscienza della società che viene fuori. Porta alla luce il male che di solito è represso dal perbenismo, il marcio che cova dentro, che si nasconde dietro finzioni e buon senso. Eminem altro non è che un prodotto della società, una sua scheggia impazzita. Eminem è un atto d’accusa contro quel mondo.